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29/12/15 L'ultima stazione del mio treno

Il mattino si sveglia sempre prima di te

Il mattino si sveglia sempre prima di te

Il mattino si sveglia sempre prima di te, a meno che tu non sia in guerra, allora quella è tutta un’altra storia. Una di quelle brutte. Gianni ha messo da qualche istante un vecchio samovar su un piccolo fornello da campo mangiato dalla ruggine, accanto a lui si riposano due uomini: un iracheno e un francese. L’iracheno si chiama Sharif Kamal Al Maliki è un ex Sergente della Guardia Repubblicana di Saddam Hussein. Sharif ha disertato dopo aver conosciuto Gianni in un albergo di Baghdad un paio d’anni dopo Desert Storm. Vuoi vivere o vuoi morire? Voi cosa rispondereste? Il francese invece si chiama Jacques De Sertas ed è un ex Colonnello del Dgse, i servizi segreti di Francia. Lui ha smesso di servire il proprio paese quando gli fu ordinato di non interferire durante un’operazione di pulizia etnica messa in atto dai reparti dell’esercito regolare del Mali durante una delle mille guerre dimenticate d’Africa. Lui disobbedì: salvò oltre venti bambine dall’orrore degli stupri di guerra e per non farsi mancare nulla poco prima di far perdere le sue tracce aprì un buco in testa al Generale Ardan, capo dei Caschi Blu dell’ONU che avrebbero dovuto vigilare e che nulla fecero. Gianni era un Maggiore del BND, l’agenzia d’intelligence della Germania, lui ha disertato in Siria, sedotto dai denari della famiglia al potere in quel paese e dalla possibilità di fare davvero qualcosa di importante nella propria vita che gli consentisse di dimenticare quello che nessuno può cancellare: le lacrime di sua madre.

Oggi loro tre sono in un appartamento di un palazzo abbandonato alla periferia ovest di Groznyj, in Cecenia. Tra qualche minuto berranno un tè, verificheranno le munizioni delle loro armi e si prepareranno a un’azione spettacolare e poi alla loro fuga verso lidi più tranquilli, verso Zurigo. Raggiungeranno un piccolo Cessna nascosto in una radura nella zona nord della città, poco oltre ciò che resta dell’aeroporto. Gianni versa il tè in tre piccole tazze di ceramica blu.

Jacques e Sharif si svegliano quasi contemporaneamente e lo salutano entrambi con un cenno del capo. I tre stringono le tazze tra le mani e prendono frequenti e brevi sorsi. Gianni offre una sigaretta agli altri due. Mentre fumano cominciano i preparativi di quella che dovrebbe essere la battaglia definitiva per la riconquista della città da parte delle truppe cecene guidate dal Generale Dudaev. Sharif controlla i caricatori del proprio Ak-47 e riempie di munizioni quelli parzialmente completi, Jacques carica con cura il proprio Vintorez e sistema un mirino telescopico PSO, un ‘eccellente strumento di tiro che gli permetterà di essere potente ed elegante. Gianni carica un Rpg con un proiettile incendiario e inserisce un caricatore nel suo mitragliatore Sig Sauer SG 550. Dopo qualche istante, una luce abbagliante ottenuta con un gioco di specchi proveniente da un vecchio deposito alimentare lungo una delle direttrici principali della città, fa capire a Jacques che il segnale da uno degli uomini di Dudaev è arrivato. La partita può cominciare. Quando arrivano gli Specnaz, i reparti speciali russi, roba pesante, gente che picchia duro, li puoi sentire a centinaia di metri di distanza. Mezzi corazzati, armi di grosso calibro e un una nenia che altro non è che il loro modo di cantare la guerra che stanno combattendo.

Gianni guarda i suoi due compagni, “Ci siamo?”, loro annuiscono con un cenno vigoroso del capo, tutti e tre conoscono alla perfezione la parte che dovranno recitare in questo spettacolo. Il piano è di far entrare il battaglione di Specnaz nel quadrante che è stato minato dagli uomini di Dudaev, Jacques dovrà eliminare il Colonnello Berzej con un tiro di precisione, mentre Gianni e Sharif con due proiettili di Rpg colpiranno i due carri armati alla testa della colonna. Durata dell’operazione? Al massimo un minuto, poi esploderà un quartiere intero con le cariche che hanno piazzato e se la vedranno i ceceni e la loro voglia di libertà.

Gianni fa un cenno a Sharif appena vede il primo carro armato T-72 apparire all’orizzonte, l’iracheno appoggia una mano sulla spalla di Jacques che annuisce, dando conferma di aver visto il proprio obiettivo. Il Colonnello Berzej è sulla torretta del T-72 a circa trecento metri da Jacques, il francese regola l’ottica del proprio fucile di precisione, non fallisce un tiro da oltre un anno, la fronte del Colonnello al centro del mirino. Un sospiro: addio. Gianni e Sharif fanno partire all’istante due razzi dai loro Rpg e centrano in pieno il T-72. Poi come se l’inferno fosse caduto sulla terra giungono decine di esplosioni, le bombe hanno fatto il proprio lavoro, così come i nostri tre mercenari che stanno guadagnando con velocità l’uscita dell’edificio.

I tre raggiungono a bordo di una vecchia Lada la radura dove avevano nascosto il piccolo aereo nei giorni precedenti l’azione. Sharif è entusiasta, si accende una sigaretta ed esclama: “Li abbiamo fatti a pezzi! Chissà le loro facce!”. Gianni estrae una Marlboro dal pacchetto, la accende e sorride all’iracheno, “Già, chissà le loro facce…”, poi estrae una Glock 17 e la punta verso la fronte di Sharif, “Beh, potresti rimanere qui a guardarle!”. In un attimo un colpo e l’iracheno cade a terra ucciso. Gianni prende una lunga boccata e s’incammina verso l’aereo, poi si blocca di colpo sentendo Jacques scarrellare per mettere un colpo in canna della propria Sig Sauer P220. Gianni impugna la propria arma e si volta di scatto. I due si tengono reciprocamente sotto scacco. Poi Gianni scoppia a ridere e prende una nuova boccata dalla propria sigaretta, “Avanti Jacques, andiamo, tra una settimana ci tocca il Kosovo.”.

Il francese abbassa l’arma e segue Gianni accendendosi a sua volta una Gitanes senza filtro. “Come sapevi che non ti avrei sparato?”, Gianni apre il portello del Cessna, si volta e gli sorride, “Non lo sapevo, ho improvvisato.”.

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24/12/15 News

Buon Natale!

Buon Natale!

Buon Natale a tutti! Ci sentiremo a breve per alcune novità sul sito e per gli aggiornamenti sulle presentazioni di Gennaio e Febbraio de L’ultima intervista e di Denti. Nel frattempo ingozzatevi come bestie, bevete come se non ci fosse un domani e scappate dai pranzi di Natale con i parenti, ci vedremo sicuramente al primo bar di infimo livello nei paraggi.

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10/12/15 News # , , , , ,

Dicembre

Dicembre

Ciao a tutti. Per il mese di dicembre non sono previste presentazioni de “L’ultima intervista”, ci vedremo per due appuntamenti dell’antologia “Denti” edita Fernandel.

10 dicembre, Bologna, ore 20.30, Fun Cool Oh in Via Belvedere 2, con Gianluca Morozzi e il Trio Insolito Live;

21 dicembre, Forlì (FC), ore 21, Cosmonauta in Via Giorgio Regnoli 41, con Gianluca Morozzi.

Vi aspetto!

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30/11/15 News # , , ,

Denti

Denti

Tenetevi forte è in arrivo “Denti” un’antologia pubblicata da Fernandel in collaborazione con Canto 31, curata da Gianluca Morozzi. Il mio racconto “Sette e sedici minuti” sarà uno degli undici che la comporranno. Con me in questa bellissima avventura ci sono altri dieci autori: Silvia Antenucci, Roberto Battistini, Marco Bertelli, Lorenza De Rigo Cromaro, Antonio Koch, Giorgio Maringola, Francesca Massaroli, Mercedes Pimentel, Alessandro Retini e Monica Vezzani.

La prima presentazione è prevista per il 10 Dicembre alle ore 20.30 a Bologna al Fun Cool Oh in Via Belvedere 2/A.

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04/11/15 I passeggeri del mese # , , , , ,

I passeggeri del mese: Paolo Roversi

I passeggeri del mese: Paolo Roversi

Oggi parliamo con grande piacere con Paolo Roversi, classe 1975, mantovano d’origine. Giallista, è uno degli esponenti del cosiddetto noir metropolitano. Ha collaborato con riviste e giornali come Corriere della Sera, Rolling Stone, Diario, Detective Magazine, Stilos e InScena Magazine. Ha scritto soggetti per la televisione come ad esempio per la serie dieci e undici di Distretto di Polizia. È fondatore e direttore della rassegna dedicata al giallo e al noir NebbiaGialla Suzzara Noir Festival che si svolge dal 2007 ogni primo week-end di febbraio a Suzzara e del Milano in Bionda nato nel 2008. Nel 2010 ha ideato il Premio NebbiaGialla per la letteratura noir e poliziesca. Dirige il web press e casa editrice digitale MilanoNera, sito dedicato interamente alla letteratura gialla. Ha vinto la 4ª edizione del Premio Camaiore di Letteratura Gialla con il romanzo La mano sinistra del diavolo. Con lo stesso titolo è stato finalista del Premio Fedeli 2007. Il suo ultimo romanzo Solo il tempo di morire, edito Marsilio, è stato finalista del Premio Bancarella 2015.
Vive a Milano e i suoi romanzi sono tradotti in Spagna, Francia, Germania e Stati Uniti.

Chi è Paolo Roversi?

Uno scrittore appassionato di tecnologia e di serie tv americane. Ma anche una persona curiosa di raccontare, e di farsi raccontare, storie sempre nuove.
Nel tuo ultimo romanzo Solo il tempo di morire, con il quale sei stato finalista del Premio Bancarella, ci racconti la Milano criminale, persa tra quella che era la Milano da bere delle mille luci e opportunità e quella grigio piombo dei quartieri di periferia dove negli anni ’70 hanno cominciato a muovere i primi passi le bande di malavitosi locali. Ci puoi raccontare il perché tu ti sia voluto misurare con questo tema?
Il milieu criminale meneghino mi ha sempre affascinato. L’occasione, però, che ha fatto scattare in me il desiderio di raccontare l’epopea di quei banditi è stato l’incontro diretto con alcuni di loro: due “reduci” della banda Osoppo e con Luciano Lutring, il solista del mitra. Dopo averli sentiti parlare ho iniziato a interessarmi alle loro gesta e a quelle dei criminali di quegli anni: Cavallero, i Marsigliesi, Vallanzasca, Turatello, Epaminonda… Ne sono venuti fuori due libri, il dittico della città rossa, “Milano Crminale” e “Solo il tempo di morire” entrambi pubblicati da Marsilio in cui racconto la storia della mala milanese dal 1958 al 1984.
L’evoluzione dei criminali, da compagni di “batteria” per svaligiare qualche banca sino a veri e propri padroni della città è cambiata in questi anni, come secondo te?
Moltissimo. Ormai quella criminalità non esiste più. Tutto è cambiato, anche la città. Oggi si ruba in guanti bianchi, coi computer, e non si spara più.
Oltre a essere un grande autore sei anche l’anima di MilanoNera e del Festival NebbiaGialla di Suzzara. Puoi parlarci di come sono nate queste esperienze? 
Entrambe le iniziative nascono dalla mia passione per il giallo. MilanoNera, nata nel 2006, è diventata uno delle realtà web sul giallo e noir più importanti in Italia. Abbiamo pubblicato migliaia di recensioni e interviste. E continuiamo a pubblicarne al ritmo di una al giorno. NebbiaGialla, invece, è nato nel 2007 e nel 2016 festeggerà la sua decima edizione. Una scommessa vinta per me. Con gli anni è cresciuto e da festival di una piccola città di provincia si è trasformato in un festival del noir internazionale dove sono di casa autori del calibro di Maurizio De Giovanni, Donato Carrisi, Lars Kepler e Wulf Dorn. Una grandissima soddisfazione.
Qual è lo stato dell’arte della letteratura giallo/noir ora nel nostro Paese?
Direi che abbiamo moltissimi giallisti, forse anche di più rispetto ai lettori di giallo. Sto esagerando naturalmente ma il mio auspicio è che questa cosa si riequilibrasse un poco: la sovrapproduzione penalizza tutti.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Sto scrivendo il nuovo romanzo con protagonista il mio giornalista hacker Enrico Radeschi. Sarà in libreria nel 2016.
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25/10/15 News # ,

Novembre

Novembre

Ciao a tutti, questi sono gli appuntamenti di novembre con “L’ultima intervista”:

7 novembre Loiano (BO), ore 17.00, Biblioteca Comunale Via Roma 55, con l’Assessore Karmen Ogulin;

14 novembre Ferrara, ore 17.30, Libreria Feltrinelli Via Garibaldi 30, con Stefano Bonazzi e Ilaria Borraccetti;

20 novembre Montichiari (BS), ore 20.30, Libreria Mirtillo Corso Martiri della libertà 23, con Federica Belleri;

21 novembre Rioveggio (BO), ore 18.00, con Ermanno Pavesi e Francesco Brusori.

26 novembre Ravenna, ore 18.00, Libreria Liberamente Viale Leon Battista Alberti 28, con Massimo Padua e Francesca Mazzoni.

Non mancate!

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20/10/15 I passeggeri del mese # , , , ,

I passeggeri del mese: Valerio Varesi

I passeggeri del mese: Valerio Varesi

Oggi parliamo con grande piacere con Valerio Varesi, nato a Torino nel 1958, vive a Parma e lavora nella redazione de La Repubblica di Bologna. Creatore del commissario Soneri, protagonista dei romanzi che hanno ispirato la serie televisiva “Nebbie e delitti” con Luca Barbareschi. I suoi romanzi sono tradotti all’estero e nel 2011 è stato finalista al CWA International Dagger. Lo stato di ebbrezza (ed. Frassinelli) è il suo ultimo romanzo.

Chi è Valerio Varesi?

Come posso definirmi? Uno scrittore prestato al giornalismo il quale non sa di che farsene? Oppure uno che, lavorando in un giornale, attinge personaggi e situazioni destinate a diventare muscoli e ossa dei suoi racconti? Oppure ancora, un individuo sensibile che, dentro il flusso della cronaca, si impressiona come una pellicola e restituisce immagini sintetiche di quel che gli passa sotto gli occhi cercando di coglierne il senso visto che la cronaca, un senso, molto spesso non ce l’ha? Un po’ di tutto questo.

Nel tuo ultimo romanzo “Lo stato di ebbrezza” possiamo dire che, oltre a Domenico Nanni, la grande protagonista sia l’Italia? Ci racconti, con una chiave tragicomica, gli ultimi trent’anni del nostro Paese. Da Ustica agli ultimi atti del craxismo, dall’ascesa di Berlusconi e della Lega Nord, passando per le stragi di mafia, sino a posare gli occhi su uno scandalo finanziario imponente come quello della Parmalat. Quali credi siano state le falle nel sistema che abbiano permesso a politici spesso inadeguati di rischiare di compromettere il nostro Paese? Quale visione hai del sistema Italia?

Il dramma italiano, ma non solo italiano, direi di tutto il mondo occidentale, è una gravissima crisi culturale. Si pensa che il problema sia l’economia che non funziona più in preda al mercato selvaggio, ma la realtà è un’altra. La politica, e quindi le idee, in definitiva la cultura, s’è eclissata dopo la morte delle ideologie. Col crollo dei Paesi comunisti, sono crollate anche le narrazioni della storia, comprese quelle che si opponevano al collettivismo sovietico. In questo vuoto ha fatto irruzione l’economia, vale a dire i grandi potentati che controllano la finanza e gran parte dell’impresa, quella sopravvissuta alla finanza stessa. Senza più un “contratto sociale”, senza più idee e cultura a imbrigliare i più divoranti istinti del mercato, quest’ultimo ha preso il posto della politica improntando la nostra vita ed erigendo il valore di scambio a unico parametro regolatore. Ma il mercato senza briglie crea mostruose disumanità, cancella ogni forma di democrazia e alla fine si autodistrugge come abbiamo visto con la crisi dei “subprime”. In Italia tutto questo si è tradotto in una danza farsesca. Agli artifici della finanza, si sono aggiunti gli artifici degli imbonitori di una politica fasulla. Alla realtà si è sostituita l’invenzione.

Domenico Nanni è giornalista, come vive la sua professione il tuo protagonista? Quale credi sia lo stato di salute del giornalismo e dell’informazione in Italia oggi?

Nanni è stato per poco tempo giornalista. Quando ha capito che c’era di meglio per sviluppare il suo talento, ha sposato la professione del “pierre” e del pubblicitario, cioè colui che vende fumo e fa acrobazie con parole e immagini. Il giornalismo stampato ha cominciato a decadere con la tragedia del Vermicino, quando la televisione ha mostrato la sua potenza invasiva e la sua capacità di raccontare i fatti nel momento in cui accadono. Oggi il giornalismo è molto ancillare e autoreferenziale. Non c’è più la voglia di scoprire, di sondare il nuovo. Il web ha poi trasformato la professione. Oggi il lettore, “guarda le figure” e non legge che qualche titolo o beve didascalia. Ci si allinea alla superficialità dell’istante senza passato né futuro oggi predominante.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Sentiremo parlare presto del tuo commissario Soneri?

Soneri non morirà, questo è certo. Il prossimo libro non è ancora definito. Potrebbe essere un romanzo sulla modernità, un noir o un’avventura del mio commissario.

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10/10/15 L'ultima stazione del mio treno # ,

Sorella

Sorella

Alessia aveva parcheggiato il suo suv non troppo lontano dalla chiesa di Santa Chiara. Tutte presero posto, lei accese il motore e l’auto ruggì mentre Alessia la lanciava a tutta velocità. Folle, come suo fratello, le altre a bordo con lei non dissero nulla. Elena strinse Marie.

Alessia era davvero brava a rompere i silenzi, decelerò gradualmente e cominciò a raccontare un episodio di quando lei e Guglielmo erano ancora complici, quando lui non aveva ancora imboccato definitivamente la strada della follia. Guglielmo amava da impazzire correre in auto. Con il ricavato del primo contratto editoriale che spuntò per la sua raccolta di racconti comprò una Jaguar XJ8 del 1969 usata. Blu, bellissima. Lui ha sempre amato quelle vetture inglesi così eleganti. Diceva che gli sembrava di essere una persona importante seduto al volante di quella auto, di essere qualcuno che nostro padre avrebbe potuto stimare.” Alessia interruppe per un istante il racconto, respirò, poi ricominciò con fatica. “Quel giorno mi portò a mangiare il pesce in riviera, a Cesenatico. Arrivammo in un lampo, per un tratto sfiorò addirittura i 250 chilometri l’ora. Io ero terrorizzata, lui invece rideva, era felice. Quel giorno lo fece spesso. Forse quel modo di prendere le cose, di affrontare la vita era il suo modo di sentirsi libero, rischiare tutto senza limiti, remore e senza la paura di perdere ogni cosa, negandosi nulla. Lo ricordo ancora, una volta che arrivammo al ristorante, seduto su una sedia con una sigaretta tra le dita e quel ghigno storto mentre aspettava di vedere qualche mia reazione, scoprire che effetto mi avesse fatto vivere per qualche attimo pericolosamente, come a lui piaceva.”.

Alba rise di gusto, Elena si limitò a sorridere, Nathalie alzò le spalle, ma dentro le si spalancò un sorriso grande come il cuore. Quello che mancò in quel primo istante tutte insieme fu il coraggio di leggere le parole che ognuna di loro aveva pensato per Guglielmo facendole rimanere solamente lacrime d’inchiostro su inutili fogli bianchi.

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09/10/15 I passeggeri del mese # , , , , , , , , ,

I passeggeri del mese: Piergiorgio Pulixi

I passeggeri del mese: Piergiorgio Pulixi

Oggi parliamo con grande piacere con Piergiorgio Pulixi, nato a Cagliari nel 1982. Fa parte del collettivo di scrittura Sabot creato da Massimo Carlotto di cui è allievo. Insieme allo stesso Carlotto e ai Sabot ha pubblicato Perdas de Fogu, (edizioni E/O 2008), e singolarmente il romanzo sulla schiavitù sessuale Un amore sporco inserito nel trittico noir Donne a Perdere (Edizioni E/O 2010). È autore della saga poliziesca di Biagio Mazzeo iniziata col noir Una brutta storia (Edizioni E/O 2012), miglior noir del 2012 per i blog Noir italiano e 50/50 Thriller, e finalista al Premio Camaiore 2013, e proseguita con La notte delle pantere (Edizioni E/O 2014). Nel 2014 per Rizzoli ha pubblicato anche il romanzo Padre Nostro e il thriller psicologico L’appuntamento (Edizioni E/O), miglior thriller 2014 per i lettori di 50/50 Thriller. Nel 2015 ha dato alle stampe Il Canto degli innocenti (Edizioni E/O) primo libro della serie thriller I Canti del Male. Dal 22 ottobre uscirà Per sempre (edizioni E/O 2015), il nuovo capitolo della saga di Biagio Mazzeo.
Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati sul Manifesto, Left, Micromega e Svolgimento, e in diverse antologie. I suoi romanzi sono in corso di pubblicazione negli Stati Uniti, Canada, e Regno Unito.

Chi è Piergiorgio Pulixi?

Circoscrivendo l’ambito alla mia professione (che è il motivo per cui ho l’onore di essere qui, con i tuoi lettori) è solo una persona che cerca di scrivere al meglio e di regalare ai suoi lettori storie travolgenti ed emozionanti. Appartengo a quell’insieme di autori che vive la scrittura come forma di artigianato, consapevole che solo il duro lavoro e la dedizione assoluta alle storie sono le uniche vie per raggiungere dei buoni risultati. Da questo punto di vista seguo la scia dell’esempio di quello che per me è un Maestro, Massimo Carlotto, alla cui scuola sono cresciuto artisticamente e umanamente. Tra le tante cose che ho imparato da Massimo, sicuramente l’etica del duro lavoro e la professionalità sono le pietre angolari della mia formazione autoriale, e in qualche modo personale.

Il tuo ultimo romanzo è “Il canto degli innocenti” pubblicato con Edizioni e/o, il primo di una saga che si preannuncia esplosiva con protagonista il detective Vito Strega. Ci puoi raccontare qualcosa su questo tuo nuovo progetto? Ci dici qualcosa di Strega, come hai costruito questo personaggio?

Sono sempre stato affascinato dal potere che il Male ha di lasciare un segno sulle persone, sia vittime, che “portatori del male” o persone che invece cercano di arginarlo, per mestiere o per vocazione. Il Male lascia un’impronta. Plasma. Cambia. Lascia cicatrici. E intendo il Male non in senso metafisico, ma come nucleo e al tempo stesso somma di tutte quelle azioni e comportamenti che hanno a che fare con la violenza, la prevaricazione, e gli aspetti più bui delle nostre anime e della nostra personalità, che siano di natura psicologica o sociologica. La serie nasce da questa domanda: come agisce e quante cicatrici può lasciare il Male sul cuore e l’anima di un uomo che per mestiere è costretto ad averci a che fare tutti i giorni? Esiste un limite, un confine di sopportazione per tutto quel buio, e se sì cosa succede se ci si trova a doverlo oltrepassare? La risposta è la serie “I Canti del Male”. Ogni romanzo, ogni Canto, racconta un aspetto diverso del mosaico della malvagità, e rappresenta anche un passo avanti in questo percorso di avvicinamento al Male del protagonista, Vito Strega, un poliziotto più filosofico che d’azione, che in questa “Odissea” verrà profondamente segnato dalle vicende che dovrà combattere. Strega sorpasserà quel confine dove la luce è solo un ricordo, e io, insieme ai lettori, assisteremo a cosa questo comporterà nella sua vita.

In “Una brutta storia” e ne “La notte delle pantere” ci hai raccontato la storia di Biagio Mazzeo, un poliziotto corrotto, ma che non manca di essere decorato da chi vive nelle stanze dei bottoni. Come lo definiresti?

Difficile rispondere. Il primo romanzo è uscito nel 2012 e ora sto scrivendo il quarto su questo personaggio. Ma in realtà Biagio è nella mia testa, da molto più tempo, credo dal 2009 o forse prima ancora. Quindi sono circa sei anni che ci convivo. Quando passi così tanto tempo in compagnia di un personaggio diventa in qualche modo parte di te, quindi è difficile essere oggettivi nella sua definizione. Posso dirti che è uomo per certi versi all’antica, con valori irremovibili coma la famiglia e l’onore che però cozzano col suo modo di fregiarsi del distintivo, che usa per imporre la sua “legge” o per semplice tornaconto personale. La cosa per me affascinante è il fatto che si fosse creato intorno un microcosmo, un piccolo mondo composto solo dai suoi colleghi e dalle loro famiglie, un mondo che poteva controllare e in cui le perturbazioni esterne venivano subito minimizzate o spazzate via. Ovviamente puoi capire che un personaggio che ragiona e vive gli affetti in questo modo è un uomo che dentro di sé ha un buco nero probabilmente irrisolto che ha a che fare proprio con quell’amore che è incapace di dimostrare in un modo normale. Le ferite psicologiche di Biagio, appena lo incontriamo nel primo volume, sono già innumerevoli. La sua forza e la sua arroganza cercano di nascondere queste sue debolezze. Ma è semplicemente un uomo machiavellico, molto intelligente e perfido, che però è vittima di se stesso e delle proprie scelte. Scelte che inevitabilmente avranno conseguenze nefaste sulle persone che gli stanno intorno, che sono complici o semplici vittime del suo carisma e di quel magnetismo animale che lo rende così affascinante e pericoloso allo stesso tempo. Per capire chi è Biagio si può anche guardare Donna, la sua amica d’infanzia e amante, che rappresenta il suo “doppio”, la sua versione femminile. Il loro è un amore impossibile forse proprio perché si assomigliano così tanto.
Dal punto di vista della Legge, e dei suoi superiori, invece, Mazzeo è un poliziotto molto utile. Non ha problemi a giocare sporco per imporre una “pax narcotica” nelle strade. Se Strega combatte col buio, Mazzeo nel buio non solo ci nuota, ma ci fa le Olimpiadi di stile libero. Non ha freni inibitori a livello morale, e non ha paura di niente. Può quindi essere manovrato per interessi che scavalcano la sua persona, e proprio per queste sue qualità è un elemento facilmente sacrificabile. Biagio Mazzeo manovra e viene manovrato con la stessa semplicità. Questa sua caratteristica lo rende molto appetibile non sono per i funzionari del dipartimento e i politici del Ministero, ma anche per altre persone: esponenti di spicco della criminalità organizzata.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Il mio progetto principale è quello di migliorare e dare ai lettori storie sempre più forti, migliori delle precedenti sotto ogni profilo. Questo mi porta a rimettere spesso in discussione anche progetti già avviati alla ricerca dell’idea o di quella intuizione che possa far saltare il lettore sulla sedia. Nell’immediato futuro, questo Ottobre uscirà per le Edizioni E/O il romanzo “Per sempre”, il terzo della serie di Mazzeo, che sarà seguito nel 2016, Maggio, dal quarto romanzo con cui si chiude il ciclo iniziato con “Una brutta storia”. La storia di Biagio Mazzeo non è tanto quella di un poliziotto corrotto, ma più un racconto sulle conseguenze che a volte un incontro ha sulla tua vita. La serie racconta l’effetto domino scaturito dall’incontro/scontro con Sergej Ivankov che avrà ripercussioni su tutti e quattro i libri della serie, cambiando profondamente il protagonista. Al tempo stesso sto lavorando sul secondo “Canto” della serie dei Canti del Male che spero esca presto, magari nel 2016 stesso, non so. Sto comunque battendo anche altre strade che esulano dal noir con progetti diversi: narrativa per ragazzi, sceneggiature, e un thriller che ha per protagonisti degli adolescenti che è quasi pronto. Contemporaneamente, scrivo parecchi racconti brevi che oltre a tenermi in allenamento mi permettono di tenere un rapporto costante con i lettori e un livello di scambio continuo, passo anche questo necessario e funzionale al mio miglioramento come narratore.

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06/10/15 News # , ,

Recensione su MilanoNera

Recensione su MilanoNera

Allego il link di una bellissima Recensione su MilanoNera a firma di Gian Luca A. Lamborizio.

Enjoy!

http://www.milanonera.com/lultima-intervista/

 

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Fazzoletto da tasca colorato, occhiali sulla punta del naso per darmi un tono, centomila idee nelle tasche e bollicine nel bicchiere. Questo sono io.
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