Paolo Panzacchi
L'ultima stazione del mio treno

I passeggeri del mese

02/03/15 I passeggeri del mese # , , , , , ,

I passeggeri del mese: Luca Poldelmengo

I passeggeri del mese: Luca Poldelmengo

Oggi parliamo con grande piacere con Luca Poldelmengo, scrittore e sceneggiatore romano. Nel 2007 esce al cinema “Cemento armato” per Rai Cinema, di cui Luca firma il soggetto e collabora alla sceneggiatura con Fausto Brizzi e Marco Martani. Nel 2009 arriva l’esordio nella letteratura noir con “Odia il prossimo tuo” edito Kowalski, romanzo finalista al premio Azzeccagarbugli e vincitore del Premio Crovi come opera prima.Nel 2012 per Edizioni Piemme esce “L’uomo nero”, finalista per il Premio Scerbanenco. A fine 2014 ci ha regalato la sua ultima fatica, “Nel posto sbagliato” per Edizioni e/o nella collana Sabotage diretta da Colomba Rossi e Massimo Carlotto.

Chi è Luca Poldelmengo?

Un uomo che ama le storie, le proprie ma anche e soprattutto quelle degli altri. Una bella storia, che sia narrata in un romanzo, in un film, in una serie tv o in un fumetto, ma anche in altri tipi di narrazione, è ciò che più mi entusiasma. È ciò che facciamo da sempre, come razza umana intendo: raccontarci storie. Per condividere i nostri valori, per esorcizzare le nostre paure, per concretizzare i nostri sogni, in due parole per esistere.

Il tuo ultimo romanzo è “Nel posto sbagliato” edito e/o. Ci parli di un mondo apparentemente molto differente da quello che stiamo vivendo, dominato da una tecnologia avanzata e dalle indagini della RED, la squadra di investigazione segreta legata a Benedetto Lacroix e comandata da Vincent Tripaldi. Com’è nata l’idea di questo romanzo? Centrale è anche il legame di Vincent col fratello gemello Nicolas, cosa ci dici di questi due personaggi?

Ma sinceramente vivo il mondo della metropoli occidentale dove è ambientato il romanzo come molto vicino al nostro, non parlerei nemmeno di fantascienza ma di una storia ucronica. In fondo ciò che nella mia storia è futuribile accade di nascosto ai comuni cittadini, quindi, per quanto ne sappiamo, potrebbe in realtà accadere già ora, a nostra insaputa. La stessa ipnosi investigativa, uno dei cardini della mia narrazione, è una realtà legalmente riconosciuta in molte democrazie occidentali. Riguardo a Vincent e Nicolas, i due protagonisti del mio romanzo, ho voluto raccontare il rapporto tra due gemelli perché, nella vita vera, sono il fratello maggiore di due gemelli e ho avuto negli anni un punto di osservazione privilegiato su questo particolarissimo rapporto. Nelle storie in cui mi sono imbattuto ho spesso trovato i gemelli raccontati con facili stereotipi, specie nella narrativa di genere; così ho voluto raccontare due gemelli “veri”, che vivono il loro status da due punti di vista opposti, eppure, forse, inseparabili(cit).

Nel 2007 hai sceneggiato “Cemento armato”, film nel quale ha recitato anche Giorgio Faletti. Cinema e letteratura, due dimensioni affini ma su due piani differenti, a quale ti senti più vicino e perchè?

Come rispondevo alla prima domanda per me contano solo le storie, il linguaggio con cui narrarle è un mezzo, non il fine. A volte lo scelgo perché più adatto, altre sono le possibilità produttive a scegliere per me. Fossi vissuto nel 400 probabilmente avrei imparato a suonare il liuto. L’importante è che io riesca a raccontare ciò che voglio.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Vari, in questo momento in particolare molto vari. Ho finito un altro romanzo, mi hanno chiesto di lavorare al seguito di Nel posto sbagliato, sto scrivendo insieme a un affermato sceneggiatore una proposta di trasposizione seriale sempre di questo romanzo, forse sceneggerò una graphic novel tratta da un progetto inizialmente pensato per la tv con un collettivo di sceneggiatori con cui collaboro. Poi vediamo… è arrivata in questi giorni in libreria la prima antologia curata da me(insieme ad Andrea Cotti) Roma a mano armata, Novecento editore; e sempre in questi giorni sta uscendo in Francia il mio secondo romanzo L’homme noir. Mi pare sia tutto, ma di sicuro ho dimenticato qualcosa.

0 likes no responses
19/02/15 I passeggeri del mese # , , , , , ,

I passeggeri del mese: Barbara Baraldi

I passeggeri del mese: Barbara Baraldi

Oggi parliamo con grande piacere con Barbara Baraldi, scrittrice modenese che ci ha appena regalato l’ultimo capitolo della trilogia “Scarlett”, “La terza luna” edito Mondadori. Barbara è autrice di thriller, romanzi per ragazzi e sceneggiature di fumetti. Con Andrea Camilleri, Carlo Lucarelli, Massimo Carlotto e Giancarlo De Cataldo, è protagonista del documentario “Italian noir” prodotto dalla BBC.

Chi è Barbara Baraldi?

Sono una persona che ama moltissimo leggere. Da adolescente è nato il mio amore per i classici del romanticismo, e a una serata in discoteca ho sempre preferito immergermi in romanzi come Il rosso e il nero o Madame Bovary. Mi sentivo vicina allo Sturm un drang, il vivere le emozioni al massimo vivendo ogni giorno come se fosse l’ultimo. Mi identificavo nel giovane Werther e sono stata a un passo dal tatuarmi una frase tratta da una poesia di Baudelaire. In quel periodo mi capitava spesso di fare da babysitter ai miei fratelli più piccoli. Per tenerli buoni raccontavo loro storie che inventavo sul momento, ispirandomi alle fiabe almeno quanto ai racconti di Poe. Un giorno, molti anni dopo, qualcuno mi ha detto: «Sei brava a raccontare storie, perché non le scrivi?» ed è così che è cominciata la mia avventura in editoria.

 

E’ da poco uscito “Scarlett – La trilogia” edito Mondadori, volume che racchiude l’ultimo capitolo della trilogia “La terza luna” e i primi due capitoli “Scarlett” e “Il bacio del demone”. Ci puoi parlare di questo ultimo capitolo, davvero molto atteso? Più in generale, per chi magari volesse accostarsi solo ora a questa trilogia senza averne letto i primi due capitoli, ci racconti la storia di Scarlett?

Scarlett è a suo modo un romanzo di formazione. Racconta di una ragazza che si trasferisce da Cremona a Siena e finisce per innamorarsi di Mikael, bassista della band dei Dead Stones, che si rivela essere un mezzo demone, una creatura sospesa a metà tra il mondo degli umani e quello dei demoni, il cui compito è in realtà impedire che i demoni tornino a camminare sulla Terra. Come me, Scarlett è amante della lettura e il suo rifugio è l’immensa biblioteca della scuola che frequenta. Stringe amicizia con il bibliotecario, ma, quando viene ucciso da una creatura soprannaturale, inizia la caccia al colpevole, con tanto di indizi e depistaggi, proprio come in un giallo, fino alla resa dei conti con un demone scaturito dall’inferno. Nel secondo volume la situazione si complica perché Mikael deve affrontare un processo negli inferi per aver trasgredito una regola fondamentale: non utilizzare i suoi poteri per interferire con la vita (e la morte) degli esseri umani. Allo stesso tempo, Scarlett si trova a fronteggiare un demone che in grado di entrare nei sogni delle persone. Per costruirlo mi sono ispirata ai famosi film horror del passato, al Sandman di Neil Gaiman, ma soprattutto al mito orientale di Kitsune, la donna volpe. Il demone, infatti, si presenta alle sue vittime sotto forma di volpe. Nel terzo libro «La terza luna» Scarlett deve attraversare l’inferno stesso per recuperare l’amore di Mikael e, allo stesso tempo, trovare un modo per sconfiggere i gemelli Fero, i “portatori di luce”, incarnazione del demone più feroce e temuto della storia dell’umanità. Ognuno dei romanzi della serie ha un forte richiamo verso le tradizioni locali e alla religione, a partire dalla figura di Mikael, ispirato all’arcangelo Michele, che con la sua spada fiammeggiante era posto a guardia delle gole da cui il male poteva risalire.

 

I lettori hanno imparato a conoscerti come autrice di storie a fumetti, legate ai nomi di Diabolik e Dylan Dog. Romanzo e fumetto, dimensioni differenti. A quale ti senti maggiormente legata e perchè?

Ho cominciato a leggere fumetti prima ancora di leggere romanzi, da quando, da bambina, mi sono intrufolata nella soffitta di casa e ho scoperto interi scatoloni con le collezioni di fumetti di mio padre, tra cui Diabolik e Alan Ford. Con Dylan Dog ci sono cresciuta, dato che ho cominciato a collezionarlo insieme a mio fratello ai tempi del liceo. Posso dire insomma che anche questa forma di narrazione fosse nel mio dna. E poi quando scrivo procedo a visioni, io le vedo le scene che descrivo, mi scorrono davanti agli occhi man mano che digito alla tastiera. Scriverle sotto forma di sceneggiatura o come romanzo è soltanto una questione di forma.

 

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Restando in tema fumetti, sono al lavoro su una sceneggiatura per la serie regolare di Dylan Dog che sarà disegnata da Nicola Mari, un disegnatore a cui mi sento molto affine per background e sensibilità. E poi sono alle battute finali di un romanzo che spero esca prima del prossimo inverno, un thriller a tinte forti a cui sto lavorando da più di tre anni.

0 likes no responses
13/02/15 I passeggeri del mese # , , , , ,

I passeggeri del mese : Gianluca Morozzi

I passeggeri del mese : Gianluca Morozzi

Oggi parliamo con grande piacere con Gianluca Morozzi, scrittore bolognese che ci ha appena regalato la raccolta di racconti “L’amore ai tempi del telefono fisso” edita Fernandel. Gianluca è anche un musicista, chitarrista degli Street Legal, un grande appassionato di fumetti Marvel, un tifoso rossoblu e conduce con Moreno Spirogi  su Radiocittà Fujiko il programma “L’era del Moroz”.

Chi è Gianluca Morozzi?

Uno che ha avuto la sfortuna di pubblicare il primo romanzo il 12 settembre 2001, ottenendo così ben poca attenzione mediatica, ma anche la fortuna di agganciarsi all’ultima coda di attenzione nei confronti degli scrittori esordienti usciti per case editrici piccole ma rinomate.
Oppure: uno che ha imparato a scrivere copiando sia Stephen King che i racconti di Fantozzi. Il che, pur apparendo una cosa un po’ schizofrenica, gli ha insegnato a padroneggiare in egual modo lo stile drammatico e quello comico.
Oppure: uno che, dopo 15 anni a navigare nel bizzarro mondo dei libri, in Italia, ancora si diverte molto ed è felice di farne parte.
Ma anche: uno che di solito non parla di sé in terza persona.

Da poco è uscita per Fernandel la raccolta di racconti “L’amore ai tempi del telefono fisso”. Si passa dalla telefonata al telefono fisso della Patti, alle disperazioni degli amanti in formato avatar. Il tema dell’amore, dei primi approcci è sempre stato qualcosa di delicatissimo nelle nostre adolescenze e non solo. Secondo te è cambiato qualcosa dai tempi telefono vintage che troneggia in copertina a oggi nell’amore? Negli approcci, nella gestione dei rapporti?

Beh, io ero molto timido nel 1987, balbettavo, mi si seccavano le fauci, mentre componevo il numero con la cornetta in mano, senza sapere chi avrebbe mai risposto dall’altra parte (nonno? Madre? Sorella? Padre? Lei?)
Sognavo una straordinaria invenzione: un telefono personalizzato, o addirittura un compositore di messaggi. Poi tutto questo è successo, e le cose si sono complicate in altro modo. Avendo attraversato tutta la gamma delle situazioni, dal telefono fisso in corridoio ai drammi da doppia spunta blu di whatsapp, posso rispondere col finale di Io e Annie: “abbiamo tutti bisogno di uova”. Se non sapete cosa vuol dire questa storia delle uova, andate a cercarlo su youtube.

Leggendo “L’età dell’oro – La mia vita raccontata a Paz”, Italica Edizioni, si approfondiscono i tuoi esordi letterari, le prime esperienze con i concorsi letterari e le presentazioni dei tuoi romanzi anche negli angoli più remoti della provincia. Come mai hai voluto raccontare proprio al fantasma di Pazienza questi episodi? A quale tra i vari aneddoti che racconti nel romanzo sei maggiormente legato? Quale messaggio vuoi lasciare agli aspiranti scrittori?

Per raccontare della propria carriera letteraria senza apparire vanagloriosi, gongolanti e vanitosi bisognava trovare una voce. Una voce che parlasse un po’ in ginocchio, per così dire. E così ho scelto di raccontarla davanti a uno dei miei miti, praticamente con la testa sotto i suoi piedi come Benigni e Troisi con Savonarola.
Tra gli aneddoti che sono nel libro, mi piace particolarmente il lungo capitolo dedicato alla presentazioni più assurde che ho fatto. Sono fiero di essere sopravvissuto all’esperienza di aver parlato dei miei libri in una discoteca, in una libreria assediata dai pipistrelli, in un bar di camionisti, davanti a due addii al nubilato, in un cinema nell’intervallo di un film, e di non essere ancora completamente impazzito.
Il messaggio che voglio lasciare invece sta nel capitolo sugli 80 concorsi letterari persi prima di pubblicare il primo romanzo: non demordete, ragazzi, è tutto materiale da romanzo.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

A fine agosto uscirà per Guanda “Specchi neri”, un mio omaggio a un sottogenere che amo molto come L’enigma della camera chiusa. Intanto sto scrivendo il romanzo del 2016, e poi… altre cose potrebbero concretizzarsi, prima o poi.

0 likes no responses
03/02/15 I passeggeri del mese # , , , , ,

I passeggeri del mese: Romano De Marco

I passeggeri del mese: Romano De Marco

Oggi parliamo con grande piacere con Romano De Marco, scrittore abruzzese.  Il suo ultimo romanzo, “Io la troverò”, edito Feltrinelli, ha avuto un grande successo tra i lettori ed è stato tra i finalisti del Premio Scerbanenco 2014. Collabora con la Delos Edizioni tenendo la rubrica sulla rivista Writer’s Magazine Italia e pubblicando racconti in ebook per la serie “Sex force”.

Chi è Romano De Marco?

Una volta Alberto Sordi, alla stessa domanda in un’intervista rispose: “Ma come… non l’avete ancora capito?? Alberto Sordi so’ io!!!”. Battuta a parte, Romano De Marco è un uomo di cinquant’anni che lavora da quando ne aveva diciannove (attualmente come responsabile safety di un importante gruppo bancario). Ma soprattutto un padre, un appassionato lettore, un cultore di cinema, serie TV, collezionista di fumetti e di tante altre cose, che a un certo punto della sua vita (a quarant’anni suonati) ha iniziato a scrivere e ha avuto la fortuna di esordire nella prestigiosa collana “Il Giallo Mondadori”.

“Io la troverò”, il tuo ultimo lavoro è stato molto apprezzato, tanto da essere inserito tra i finalisti del Premio Scerbanenco. Un romanzo che tiene il lettore incollato alle pagine sin dall’inizio. Un romanzo non solo a tinte gialle o noir, che ci fa precipitare nell’abisso della pornografia clandestina, sullo sfondo anche una storia di un grande legame, quello fra Marco Tanzi e Luca Betti. Come sono nate l’idea del romanzo e dei personaggi così ben costruiti?

Quando costruisco una storia, parto da uno o due temi principali che mi interessa sviluppare e poi mi concentro sui personaggi. Nel caso di “Io la troverò” volevo parlare di paternità e di amicizia, da un punto di vista originale, all’interno di una trama che fosse coinvolgente, che intrattenesse il lettore con la tecnica della tensione narrativa, quella che ti fa desiderare di scoprire “cosa succede dopo”. Una volta “individuati” i caratteri e il background dei miei due personaggi principali ho lavorato su quelli di contorno, inserendo anche una vecchia conoscenza dei miei lettori più affezionati, il commissario Laura Damiani che arriva a Milano direttamente da Roma, dopo gli eventi del mio romanzo di esordio “Ferro e Fuoco”. Una prerogativa delle mie storie è quella di essere tutte ambientate nello stesso universo narrativo, pur essendo tranquillamente leggibili in maniera a sé stante. E’ una scelta che ho ipotecato dalla lettura dei romanzi di Sergio “Alan D.” Altieri che considero un grande maestro e vero pioniere della narrativa di genere di qualità in Italia.

In “A casa del diavolo” ci racconti la storia di Giulio Terenzi, impiegato di banca, collega di entrambi, visto che tutti e due lavoriamo per istituti di credito, il quale si trova invischiato in quella che sembra una truffa ai danni di una correntista, che poi aprirà le porte a qualcosa di più oscuro. Quanto di Romano c’è nei tuoi lavori? Nei tuoi personaggi?

Quando si scrive cercando di approfondire la psicologia dei propri personaggi, è impossibile non ritrovarsi a parlare un po’ di sé. Il Terenzi di “A casa del diavolo” ha molte delle caratteristiche del Romano De Marco di vent’anni fa, come il Luca Betti di “Io la troverò” somiglia molto alla attuale versione del suo creatore. In “A casa del diavolo”, poi, mi sono anche divertito a riproporre (scherzandoci sopra ma in maniera caustica) alcune caratteristiche dell’ambiente di lavoro bancario, riproponendo situazioni, volti, caratteri, vissuti e conosciuti nella mia esperienza lavorativa.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Tra maggio e giugno uscirà il mio nuovo romanzo, nella collana narrativa dell’editore Feltrinelli. I protagonisti saranno ancora Luca Betti, Marco Tanzi e Laura Damiani. La storia (molto diversa da quella di “Io la troverò”) li vedrà agire parallelamente nel portare avanti tre indagini estremamente complesse, sullo sfondo di una lotta per il controllo del mercato della droga nel capoluogo lombardo. Ovviamente ci sarà spazio per l’evoluzione nelle loro problematiche più personali e rientreranno in gioco anche i personaggi di un mio romanzo di qualche anno fa, quel “Milano a mano armata” che tanto piacque a Eraldo Baldini (che lo scelse per una collana di narrativa che dirigeva) e che mi valse il premio “Lomellina in giallo 2011”. Inoltre, come regalo ai miei lettori e operazione di “lancio” per questo nuovo romanzo, un mese prima della sua uscita (approssimativamente a fine aprile 2015) nella collana di ebook ZOOM (sempre di Feltrinelli) verrà pubblicato un altro mio romanzo breve scaricabile gratuitamente per un mese. Si tratta di un noir-thriller one shot senza Betti e Tanzi ma con Giovanni Sandonato, l’anziano investigatore già visto in “Io la troverò”. E per concludere questa “operazione di marketing”, acquistando il mio nuovo romanzo sul sito Feltrinelli, nel giorno della sua uscita, si potrà scaricare gratuitamente l’ebook di “Io la troverò”. Insomma, io e l’editore ce l’abbiamo messa tutta… ora il responso spetta ai lettori!

0 likes no responses
24/01/15 I passeggeri del mese # , , , , ,

I passeggeri del mese: Lorenza Ghinelli

I passeggeri del mese: Lorenza Ghinelli

Oggi parliamo con grande piacere con Lorenza Ghinelli scrittrice romagnola, cesenate di nascita ora vive a Rimini. Il suo romanzo “Il divoratore” edito Newton Compton è stato un vero e proprio caso letterario. “La colpa” pubblicato nel 2012 l’ha portata a essere finalista al “Premio Strega”. La sua ultima fatica è “Con i tuoi occhi” edito sempre Newton. Non solo libri, scrive anche sceneggiature. E’ docente alla Scuola Holden e editor e tutor per Westegg, inoltre fa parte della redazione di Carmilla. Tutto questo fa di lei una delle scrittrici di maggior talento della sua generazione.

Chi è Lorenza Ghinelli?

Una persona. Piena di paure e di curiosità, il che spiega la mia perenne ambivalenza. So anche di essere fortunata, perché ho trovato uno strumento potente come la scrittura che mi permette di elaborare la mia visione del mondo. Senza mi sentirei perduta, perennemente esposta ai venti costanti. E non credo che resisterei a lungo. So anche di avere scelto di vivere una vita che sento mia, questo ha comportato molte rinunce, soprattutto sul piano professionale. Ho detto molti no, non c’è un giorno in cui mi sia pentita. Questo non mi impedisce di avere paura di tutto, è che non riesco a vivere sotto una campana di vetro. Non c’entra il coraggio, non mi sento affatto coraggiosa, forse c’entra addirittura un pessimismo cosmico o un realismo spietato: anche la campana di vetro in questa vita verrà disintegrata. Quindi vale la pena osare, nonostante tutto. Per il resto, non mi interrogo mai su chi io sia o cosa stia diventando. Preferisco chiedermi ogni giorno cosa sento il bisogno di fare, e cercare di farlo.

In “Con i tuoi occhi” hai affrontato temi molto forti, sentimenti, vite complesse, muovendoti con grande maestria in un susseguirsi di flashback, dipingendo tra l’altro bellissimi affreschi di Favignana e Rimini. E’ stato difficile raccontare storie così estreme e difficili come quelle di Irma e Carla? Com’è nata l’idea di questo romanzo?

La difficoltà, quando si vuole scrivere un libro autentico (a prescindere che il pubblico lo ami o lo detesti) consiste nel calarsi nel profondo di sé, nelle proprie segrete. Liberare i personaggi e lasciare che ti conducano in un viaggio non sempre piacevole. Ho scritto un libro sincero, di questo sono sicura. Volevo raccontare la difficoltà estrema di riappropriarsi di se stessi, dopo anni trascorsi a perdersi e a buttarsi via. Irma e Carla sono personaggi agli antipodi. Irma è nata a Rimini, in una famiglia anaffettiva e come unico punto di riferimento ha avuto, fin da bambina, una ragazzina spregiudicata che vende il suo corpo. Irma non conosce alternative, si adatta allo squallore e intraprende una discesa agli inferi perdendo ogni capacità di instaurare con gli altri un legame autentico. Almeno fino all’arrivo di Carla e di Salvatore. Carla è nata a Favignana, da una famiglia di pescatori che dopo il fallimento dell’industria Florio è costretta, assieme ad altre ottomila famiglie, a emigrare andando a ingrassare le industrie del Nord. La sua famiglia si trasferirà a Bologna, al Pilastro, un quartiere dormitorio che sorse negli anni ’70. Carla, nonostante lo sradicamento e le difficoltà, ha radici forti, e uno sguardo particolarissimo sul mondo: è acromate dalla nascita, non vede i colori. E ama la vita molto più di quanto sia disposta ad ammettere. Salvatore è cresciuto nella famiglia di Carla, sono stati amici, fratelli e amanti. Poi quando Carla scopre di essere omosessuale il loro legame muterà ancora non diventando certo meno forte. Il loro è un legame flessibile, e Carla e Salvatore sono quelli che definirei “eroi moderni”. Cambieranno la vita di Irma per sempre. è una storia che abitava in me da tempo, potevo solo scriverla o amputarmi un pezzo di cuore. La prima scelta mi è sembrata la migliore.

Sul tuo sito dici che non dimentichi che tutto è iniziato da un mini recorder rosa shocking. Com’è andata dopo quel mini recoder? La Scuola Holden, il tuo romanzo “Il divoratore” divenuto un vero e proprio caso letterario. Cosa ricordi con più affetto del percorso che ti ha portata a essere l’autrice che sei oggi? Quali sono stati i momenti più difficili?

I momenti più difficili sono stati senz’altro quelli in cui non avevo ancora scoperto il potere sovversivo della parola. Furono anni di implosioni. Imparare a comunicare mi ha liberata, dare voce ai miei demoni è stata una vera e propria esperienza di non violenza e rispetto. Sulla carta ogni personaggio ha diritto di esistere, con le sue contraddizioni e le sue zone d’ombra. Anche il successo che mi ha accolta è stato difficile, ma in modo completamente diverso. È stato una fortuna, sarei ipocrita a sostenere il contrario. Quello che voglio dire è che l’attenzione mediatica mi ha colto in un momento delicatissimo della mia vita, di grandi turbolenze e instabilità. Mi ha spaventata, non ero in grado di gestirlo. Oggi sono una persona serena, lo devo a me stessa, senz’altro, ma anche ai miei affetti. Sono loro le mie radici più grandi. Scrivere è sempre stata una necessità, ed è per me l’unica disciplina possibile. Il fatto che riesca a vivere di questo è una fortuna. Sono una persona ostinata, non saprei dire con esattezza come ho costruito il percorso che oggi mi porta a essere quella che sono. So di essere stata me stessa sempre, di averci creduto anche quando non ci credeva nessuno e di avere reagito ai no della vita con grande energia. Ma non credo che basti a spiegare nulla. Posso dirti che sono sempre stata impegnata a fare cose, e non mi sono curata di altro. I treni passano, quando mi incuriosiscono ci salto sopra. Diversamente cerco di non perdere tempo a chiedermi come sarebbe stato compiere quel viaggio. Una cosa che mi rende orgogliosa è la consapevolezza di essere veramente partita dal nulla. I miei manoscritti vennero respinti tante volte prima di trovare la loro strada. Se mi fossi arresa non so cosa sarei oggi. Ho cercato di migliorarmi, sempre. Ed è quello che sto ancora cercando di fare, ogni giorno.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Vivere e scrivere. Direi che non potrei desiderare di più.

0 likes no responses
10/01/15 I passeggeri del mese # , , , ,

I passeggeri del mese: Alberto Amorelli

I passeggeri del mese: Alberto Amorelli

Oggi parliamo con piacere Alberto Amorelli, scrittore ferrarese e Presidente dell’Associazione Culturale “Gruppo del Tasso”. Nel 2014 Alberto ha pubblicato con Antipodes, “Il migliore” un romanzo fantasy in cui ci racconta le avventure senza tempo di un mago dalle mille risorse e dalla grande volontà.

Chi è Alberto Amorelli?

Domandona. Dunque direi che Alberto Amorelli è uno come tanti a cui piace raccontare storie, inventare e creare. Con l’aspirazione lavorando sodo di fare anche “sognare” con quello che scrivo.

Parliamo de “Il migliore”. Kallanor e’ un personaggio senza tempo, potremmo farlo vivere anche in un romanzo non genere fantasy, con la sua determinazione nel compiere il suo destino. Come e’ nata l’idea di questo personaggio e della sua fantastica avventura?

E’ nato da un rifiuto. Ero stanco di eroi e protagonisti perfettini, positivi, che cercano di fare la cosa giusta, volevo un antieroe, anzi volevo un personaggio negativo e senza scrupoli come motore di una vicenda. Kallanor Zaan ha uno scopo ben preciso e per raggiungerlo è disposto a tutto veramente a tutto, e se ci si pensa questo elemento in un romanzo fantasy vuol dire che è DAVVERO disposto a fare di tutto per diventare il migliore mago su Theera. Mi è sempre piaciuta l’idea del personaggio con un destino, una sfida, un ultimo scontro a cui protendere con tutte le sue energie.

Sei il Presidente dell’Associazione Culturale “Gruppo del Tasso” che da anni si occupa con successo dell’organizzazione di rassegne ed eventi culturali. Quali ti hanno dato maggior soddisfazione e cosa bolle in pentola per il futuro?

Essere il Presidente del Gruppo del Tasso è una cosa che mi sta dando molte soddisfazioni. Quando si riesce a muovere gente, pubblico nel difficile campo della cultura gli eventuali successi valgono il doppio. Sicuramente i due eventi più importanti che il Gruppo del Tasso ha gestito sono stati GialloFerrara 2014 ( a cui a luglio seguirà la nuova edizione) e il mese di festeggiamenti per il ventennale della Libreria Feltrinelli di Ferrara, dello scorso Novembre. Ma ricordo con allegria e orgoglio anche altri due momenti salienti: la serata dedicata al teatro Goldoniano dell’Ottobre del 2013, grande evento in costume nelle sale della Biblioteca Ariostea, aperte per l’occasione fino a mezzanotte, e la 24 Ore dedicata alla Poesia del 21 Marzo, sempre in partnership con la Biblioteca Ariostea che ci ha impegnato per un giorno intero, no stop per 24 ore di veglia con incontri, letture di poesie e il concorso per aspiranti poeti Master Poet.

 Quali sono i progetti ai quali stai lavorando come autore e come Presidente del Gruppo del Tasso?

Dunque ho diversi progetti in ballo, ho finito un romanzo (non fantasy questa volta) e ne sto finendo un secondo. Continuo a lavorare su diversi progetti legati alla letteratura fantasy, che da sempre è la mia passione, e mi sto anche cimentando con un romanzo giallo, ambientato ovviamente a Ferrara.

Per il Gruppo del Tasso invece, stiamo già lavorando per GialloFerrara 2015 e su altri progetti, sempre con la voglia di portare qualcosa di nuovo e di accattivante nella nostra città.

0 likes no responses
03/01/15 I passeggeri del mese # , , , , ,

I passeggeri del mese: Camilla Ghedini

I passeggeri del mese: Camilla Ghedini

Oggi parliamo con grande piacere con Camilla Ghedini. Scrittrice e giornalista ferrarese. Nel 2014 ci ha regalato il romanzo, scritto a quattro mani con Brunella Benea, AMO TE…Starò con lei per sempre, edito Giraldi. Le avventure di Florinda e Anita sono riuscite a catturare i lettori con la loro freschezza, pur affrontando il tema spinoso dell’infedeltà coniugale, il tutto condito dalla presenza di un Grillo Parlante, che altri non è che la coscienza interiore, al quale sono le amiche a prestare la voce nel tentativo di fare capire che, frasi come queste,  “Me lo ha assicurato, appena il momento sarà opportuno lascerà la moglie. Ha capito che la vera vita è con me, che sono il suo mondo.”, “Questa storia non sarà diversa. Non è vero che non può vivere senza di te, semplicemente tu gli rendi meno noiosa la routine.”, non sono altro che stupide scuse di un uomo che non se le merita.

Chi è Camilla Ghedini?

Camilla Ghedini è una giornalista che ogni tanto si presta alla scrittura. E’ una donna di 42 anni che ama la libertà, soprattutto quella di dire ‘no’, e che conduce una vita tanto ordinaria quanto piena. Ama le parole, pronunciate e scritte, e si trova a suo agio alla tastiera del pc come il nuotatore nell’acqua. Esercita come libera professionista (www.ufficiostampacomunicazione.com) e ha avuto la tenacia di trasformare una passione in professione. Con quel pizzico di casualità, che è anche fortuna, che le ha permesso di scoprire che raccontare la vita degli altri le piaceva. Fa la giornalista, scrive libri e presenta libri d’altri. Il suo sogno, da ‘vecchia’, è fare la biografa.

Parliamo del romanzo che hai scritto a quattro mani con Brunella Benea, AMO TE…starò con lei per sempre. Un romanzo agrodolce sul mondo delle “altre”. Florinda ci confida i dolori del proprio rapporto con “il Borgh”. Qual è quindi il ruolo dell’amante? Come vedi questa figura? Quale immagine avete inteso offrire con il romanzo?

Il ruolo dell’amante è certamente scomodo, più per se stessa che per la coppia che in teoria ‘lede’. Di sicuro è una figura che esiste e resiste nei secoli. E non scomparirà, anche perché spesso fa bene alla coppia, deficitaria di ossigeno amoroso e di cui funge dunque da polmone artificiale. Noi abbiamo voluto sdoganarla dall’idea comune, troppo semplicistica e ‘borghese’, che sia una scostumata sfascia famiglia che desidera l’uomo d’altre. E’ semplicemente una ‘sfigata’ che si innamora dell’uomo sbagliato, che si imbatte in una storia ‘sbagliata’ pensando che per lei il finale sarà diverso. Una che crede alle parole di un lui – spesso un Borgh, inteso come uomo borghese appunto che tradisce bellamente la moglie ma mantiene ‘intatta’ la famiglia per sentimento sociale – che le fa credere di essere in crisi con la coniuge, da cui non si sente apprezzato. Quindi non è che sta poveraccia di ‘terza’ fa tutto da sola, che va in giro in giarrettiera e brasiliana cercando di farlo cedere alla lussuria ad ogni ora del giorno, in una sfrenata competizione con una moglie trascurata. No, l’altra è una assolutamente normale, che va in giro in jeans e Converse e spera di costruirsi un futuro con l’uomo che ama. E non a dispetto di un nucleo che vuole distruggere. Ma sulla base della convinzione, indotta, che nulla più sia da salvare in quel rapporto, tranne i figli, i genitori, gli immobili in comune….perchè poi i problemi che rendono ‘impossibile’ – a dire di lui – il proseguo, affiorano come margherite a primavera! Per questo dico che chi fa l’amante perché ama è una sfigata! Ma è anche una che poi, col tempo, vede la realtà e da questa situazione si affranca, come le protagoniste del libro. Così il marito rimane con la moglie da cui mai ha voluto separarsi, la moglie si tiene il marito che mai avrebbe sbattuto fuori di casa e l’amante, se è fortunata, trova finalmente un compagno che non si ‘divide’. Detto questo, ci sono anche amanti felici di esserlo, cui il ruolo non pesa, perché magari sono mature, alle spalle hanno molte delusioni e si accontentano di un uomo a metà. Quindi poi regole non ce ne sono.

In questo periodo stai presentando anche un altro tuo libro, “Città del ragazzo. Voci e sguardi in cammino”. Non solo Anita e Florinda, quindi, anche impegno e un legame profondo con il territorio ferrarese.

Sì certo. Credo nel potere della comunicazione come capacità di divulgare messaggi che altrimenti si perderebbero. In questo caso, con storie di chi ha vissuto la Città del Ragazzo dagli anni ’50 del secolo scorso – quando è nata per accogliere ragazzini in condizioni di disagio – ad oggi. Nel testo si narra la gratitudine, un valore che purtroppo si è perso. Sono tutte testimonianze di persone, giovani e meno giovani, che verso la Città del Ragazzo hanno riconoscenza e cercano di ricambiarla. In una società di forti individualismi, di logiche sbagliate, a cominciare dalla finta soddisfazione dell’aver fatto tutto da soli, il piacere di ringraziare si è perso. E invece è bello, perché se qualcuno ti aiuta a realizzarti, significa che crede in te. Non so se io ho un forte legame col territorio, per molti aspetti mi sento più bolognese che ferrarese, questa è una città chiusa che neppure si accorge spesso di chi ci vive e di quanto, chi ci vive, porta ‘fuori’ il nome di Ferrara. La trovo spesso spocchiosa e auto referenziale. Diciamo che io ho qui radici nodose che non si staccano dal terreno.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro.

Il futuro per me è sempre e solo la settimana prossima. I progetti nascono per caso, vivendo e ascoltando. Sto comunque lavorando a qualcosa di nuovo di cui potrò dire di più a primavera. Nel mentre, do valore a ogni cosa che faccio ogni giorno, a ogni libro d’altri che presento. Ho una vita scandita anche dai progetti di altri e questo è bellissimo. Perché partecipo a grandi emozioni e a momenti importanti delle esistenze altrui.

0 likes no responses
28/12/14 I passeggeri del mese # , , , , ,

I passeggeri del mese: Marilù Oliva

I passeggeri del mese: Marilù Oliva

Per finire questo 2014 alla grande, anzi davvero alla grandissima, oggi parliamo con la scrittrice bolognese Marilù Oliva. Marilù ci ha regalato cinque romanzi, tre dei quali con una grande protagonista, La Guerrera, personaggio entrato nei cuori dei tanti lettori che negli anni hanno saputo apprezzare il suo stile. Da sempre impegnata in prima linea nelle tematiche legate alla violenza sulle donne, ha curato l’antologia  “Nessuna più”, pubblicata nel 2013 con il patrocinio di Telefono Rosa. Collabora con diverse riviste letterarie online, tra cui Carmilla, Thriller Magazine, Marie Claire ed è caporedattrice di Libroguerriero.

Parliamo de “Le sultane” la tua ultima fatica, pubblicato da Elliot. Come nasce l’idea di immergere nel noir la vita Wilma, Nunzia e Mafalda?

Il noir è il genere con cui mi sono misurata fino ad oggi ed è quello che sento più familiare. Con questo romanzo, che è una sorta di commedia nera o tragedia comica, cerco di proiettare il lettore alla fine del nostro tempo terreno, puntando i riflettori su tre vecchie che sono consapevoli di essere giunte al tramonto, ma – costrette dalla vita, dalla solitudine e dalle vicissitudini – decidono di goderselo fino in fondo. Anche pagandone le conseguenze. Oltre alla storia in sé, l’idea ha preso forma a partire dai grandi mali del nostro tempo: l’individualismo, l’egoismo, l’incuranza dell’altro. Volevo mettere su carta la loro potenza corrosiva. Esistono tante vecchie differenti e irreplicabili, io ne ho costruite tre, molto diverse da quelle mediatiche, molto più umane, spero, pur nei loro abissi. Ho cercato di entrare nelle loro stanze e nelle loro tre teste, facendogli commettere atti che tre anziane stereotipate non dovrebbero mai commettere: il noir, quindi, poteva essere la strada ideale, anche perché – attraverso queste tre parche – ho cercato di raccontare gli abissi di molte delle nostre famiglie: le incomunicabilità tra genitori e figli (e viceversa), il dolore delle mancanze, la forza per reclamare i propri diritti.

La Guerrera è il tuo personaggio più apprezzato. Una donna forte, senza paura. Una figura dalla quale si viene rapiti. In questo periodo storico in cui troppo spesso si legge di donne “vittime”, ritieni manchino figure che possano essere esempio per le giovani donne in cerca di modelli positivi da seguire?

Grazie per le tue parole sulla Guerrera. Non penso che manchino i modelli positivi: ci sono eccome. Il problema è che l’attenzione è puntata piuttosto su modelli più immediati, spettacolari ed effimeri, che ricevono molto più spazio, purtroppo, sul piano mediatico. Delle volte essere vittima (non necessariamente “vittima” del crimine, ma anche, per esteso, vittima dei nostri tempi, dei nostri stereotipi, etc) è molto più semplice che scegliere una via alternativa. Alcune preferiscono soccombere o accettare le cose come stanno, piuttosto che ribellarsi. E per “ribellarsi” non intendo portare avanti una rivoluzione planetaria: basterebbe accontentare le propria, di rivoluzione. Ascoltarsi, accettarsi, essere clementi anche con se stessi, oltre che con gli altri. E comunque esistono un sacco di donne in gamba, donne guerriere, appunto – e per donna “guerriera” non intendo “aggressiva”, ma in grado di far fronte alle avversità della vita e di rialzarsi, quando cade.

“Le sultane” è stato inserito nella cinquina dei finalisti del Premio Scerbanenco, ti chiedo cosa si prova a vivere un’emozione come questa?

Sono stata molto felice essere stata selezionata per la finale dello Scerbanenco. Immaginavo che non avrei vinto, ma sono andata là decisa a godermi quei giorni tra scrittori, incontri, dibattiti e cinema. È stata un’esperienza indimenticabile, lo Scerbanenco riserva sempre sorprese. Una di quest’edizione è stato lo strepitoso Dario Argento. E di Jeffery Deaver, ne vogliamo parlare?

0 likes no responses
20/12/14 I passeggeri del mese # , , ,

I passeggeri del mese: Grazia Verasani

I passeggeri del mese: Grazia Verasani

Oggi parliamo con grande piacere con Grazia Verasani, scrittrice e cantautrice bolognese. Sono già dieci anni che Grazia ci ha consegnato il suo personaggio più noto,Giorgia Cantini che, sin da “Quo vadis baby?”, è stata in grado di catturare l’attenzione e affascinare i lettori.

Chi è Grazia Verasani?

In questo momento è una donna è stanca. Come ogni volta che le esce un libro nuovo e va su e giù per parlarne. E’ una donna che crede nella lealtà, nell’amicizia, nella buona politica, nella giustizia sociale, e che fatica a vivere in un paese dove arte e cultura hanno poco rilievo. E’ una donna con un passato intenso alle spalle, visto anche il mezzo secolo raggiunto. Una donna che legge tantissimo, che ama il cinema, la musica, il teatro e le belle persone. Una donna che vorrebbe sempre vivere altrove, ma poi resta qui e prova a capire. Una donna che ride molto, forse per non piangere.

Da poco è uscito il tuo ultimo lavoro, “Mare d’inverno”, edito Giunti, una bellissima storia, dolce e amara. Vera, Carmen e Agnese. Un romanzo dove c’è molta ironia, matura, educata, mai banale. Quante donne ci sono come le protagoniste del tuo ultimo romanzo? Sono donne forti che hanno perso questa consapevolezza?

Io racconto le donne che conosco, che vedo, che vivo, che amo, che frequento. Racconto anche gli uomini, ma forse conosco meglio le donne. Sono donne forti perché sanno riconoscere le proprie fragilità, non le nascondono. Sono vere. Nel senso che esulano da ogni tipo di stereotipo. Sono inquiete e contraddittorie, sanno togliersi le maschere e giocare a carte scoperte. O almeno ci provano.

Lo scorso anno è uscito “Accordi minori” per Gallucci, nel quale hai dipinto ritratti bellissimi di musicisti indimenticabili come Kurt Cobain, Jeff Buckley, Janis Joplin, Tenco e altri grandi. Un tuo lavoro legato indiscutibilmente alla musica, altra arte nella quale hai saputo dare grande prova di abilità, sin dagli inizi con la vittoria al Premio Recanati nel 1995. Musica e narrativa. Quale di questi mondi senti a te più vicino?

La musica è la forma d’arte che sento più immediata, anche quando ha un suo linguaggio complesso. E’ tutto ciò che riesce a esprimersi anche senza le parole, e in questo forse è più emozionale, viscerale, commovente. I libri invece mi fanno riflettere, mi indicano delle strade. Non potrei vivere senza ascoltare musica e leggere libri. Poi scrivere, nel mio caso, è diventata una cosa di cui vivere, la musica no. Ma seguo con attenzione i progetti di amici musicisti che stimo.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

A settembre uscirà per Feltrinelli il quinto romanzo con Giorgia Cantini.

0 likes no responses
11/12/14 I passeggeri del mese #

I passeggeri del mese: Stefano Bonazzi

I passeggeri del mese: Stefano Bonazzi

Oggi parliamo con Stefano Bonazzi scrittore e artista grafico ferrarese. Il suo esordio come autore è stato “A bocca chiusa” edito Newton Compton, definito geniale, intelligente e arguto.

Chi è Stefano Bonazzi?

Sono un mammifero bipede sei giorni su sette (il sabato in genere deambulo anche sulle mani in base al tasso alcolico), formato dal 99% d’insicurezze, fobie, ossessioni, deliri, scadenze e da un 1% di determinazione. Alla fine è proprio quel 1% per cento che mi sprona ancora a provarci ancora. A far cosa? Mah, forse a lanciare un lieve assolo di pianoforte in questo mare di megafoni isterici, la cosa buffa però, è che io non so suonare nemmeno un accordo.
Questo è quello che sono davvero, poi certo c’è la parte biografica/istituzionale che si può riassumere così: ho iniziato a 14 anni servendo caffè e riempiendo cannoli (ogni mattina ustionandomi i polpastrelli perché in una pasticceria non c’è mai tempo per aspettare le giuste temperature), ho comprato la mia prima reflex digitale a 19, mi sono buttato nel mondo dei paciughi digitali a 21 in cerca di una cura a quei bastardi attacchi di panico che non mi permettevano di godermi nemmeno una doccia in santa pace.
Ah, già, poi ho fatto qualche mostra in giro per l’Europa e ho scritto un libro, ma di questo penso ne parleremo qualche riga sotto, no?

Esattamente. A bocca chiusa, il tuo romanzo d’esordio edito newton Compton, e’ duro, forte, la storia di un bambino che vive in periferia in una situazione familiare difficile. Com’è nata questa idea?

E’ nata principalmente dalla rabbia. Ogni pagina è uno sfogo personale. Verso cosa? Bah, ormai non lo so più nemmeno io. Diciamo verso la vita, la società ed i rapporti superficiali, si diciamo così, che fa tanto “canzone di Ligabue”, mette d’accordo un po’ tutti e magari mi aiuta a piazzare qualche copia in più. Molti editori hanno rifiutato questo libro dicendo che i suoi protagonisti sono “troppo grotteschi” ed il lettore avrebbe faticato ad identificarsi in essi. Peccato che la maggior parte di questi editori non viva in un appartamento del comune nella periferia di Ferrara, che poi è la periferia di qualsiasi città, di qualsiasi nazione, stato, pianeta.
Ci saranno sempre periferie a disposizione per scrittori in cerca di storie forti, che magari le percorrono con le cuffie nelle orecchie, in una domenica d’inverno, senza una mano da stringere, un abbraccio in cui rifugiarsi.
Ecco, adesso che vi ho commosso al punto giusto, siete davvero pronti per leggerlo.

Stefano, i tuoi lavori di grafica sono molto suggestivi e di grande impatto. A quale dei tuoi progetti sei più legato? Fra scrittura e grafica quale dimensione senti a te maggiormente vicino?

Sono nato come fotografo, ma vorrei schiattare come scrittore. Penso che la fotografia sia comunque un medium meno immediato della scrittura. La fotografia è schiava di limiti (tecnici e pratici), la scrittura no. Prendi un foglio di carta e una penna (ma basta anche una matita dell’Ikea) e inizi a costruire mondi. Quale altro strumento è tanto potente?
Certo le fotografia è stato il mio primo amore e, soprattutto, mi ha fatto passare gli attacchi di panico, di questo gliene sarò sempre grato, ma ho il timore che un giorno (presto o tardi) potrei esaurire le idee (e le diottrie). In fondo sono ormai 10 anni che attingo da essa, quindi devo prepararmi alla prospettiva. Chissà, magari sarà l’occasione per iniziare a studiare pianoforte.

Oltre a studiare pianoforte, quali altri sono i tuoi progetti per il futuro?

In genere tendo spesso a confondere i progetti con i sogni, sono un cinico disilluso sognatore (che poi sarebbe quasi un controsenso, ma tanto io adoro i controsensi), quindi questa volta cercherò di fare un po’ d’ordine.
Progetti ideali:
– pubblicare la nuova serie fotografica ed essere recensito da Empty Kingdom;
– pubblicare un bestseller da Premio Nobel, che riesca a convincere intellettuali e casalinghe di Voghiera senza spargimenti di sangue;
– una mostra personale a Camden Town;
– un loft con vista su Hyde Park (ma mi accontento anche di uno scorcio dei Navigli);
– un Maine Coon di un metro e mezzo (cercate su Google se non sapete cosa sia);
– poter stringere la mano di persona a Gottfried Helnwein (idem come sopra).
Progetti realizzabili:
– una nuova serie fotografica;
– (tentare di) pubblicare un altro libro;
– una mostra personale a Bologna;
– un monolocale di 36mq, preferibilmente non troppo lontano dal centro di Ferrara.
Grazie Paolo per aver ospitato i miei vaneggiamenti e grazie anche a chi deciderà di dedicargli i 4minuti e 37 secondi necessari per arrivare alla fine dell’articolo (io almeno ho impiegato tanto, però io leggo in fretta. Troppo in fretta).

0 likes no responses
Fazzoletto da tasca colorato, occhiali sulla punta del naso per darmi un tono, centomila idee nelle tasche e bollicine nel bicchiere. Questo sono io.
Drammi Quotidiani on Twitter
Archivi