Paolo Panzacchi
L'ultima stazione del mio treno

December 4, 2024 at 12:45 pm

I passeggeri del mese: Marilù Oliva

I passeggeri del mese: Marilù Oliva

Per finire questo 2014 alla grande, anzi davvero alla grandissima, oggi parliamo con la scrittrice bolognese Marilù Oliva. Marilù ci ha regalato cinque romanzi, tre dei quali con una grande protagonista, La Guerrera, personaggio entrato nei cuori dei tanti lettori che negli anni hanno saputo apprezzare il suo stile. Da sempre impegnata in prima linea nelle tematiche legate alla violenza sulle donne, ha curato l’antologia  “Nessuna più”, pubblicata nel 2013 con il patrocinio di Telefono Rosa. Collabora con diverse riviste letterarie online, tra cui Carmilla, Thriller Magazine, Marie Claire ed è caporedattrice di Libroguerriero.

Parliamo de “Le sultane” la tua ultima fatica, pubblicato da Elliot. Come nasce l’idea di immergere nel noir la vita Wilma, Nunzia e Mafalda?

Il noir è il genere con cui mi sono misurata fino ad oggi ed è quello che sento più familiare. Con questo romanzo, che è una sorta di commedia nera o tragedia comica, cerco di proiettare il lettore alla fine del nostro tempo terreno, puntando i riflettori su tre vecchie che sono consapevoli di essere giunte al tramonto, ma – costrette dalla vita, dalla solitudine e dalle vicissitudini – decidono di goderselo fino in fondo. Anche pagandone le conseguenze. Oltre alla storia in sé, l’idea ha preso forma a partire dai grandi mali del nostro tempo: l’individualismo, l’egoismo, l’incuranza dell’altro. Volevo mettere su carta la loro potenza corrosiva. Esistono tante vecchie differenti e irreplicabili, io ne ho costruite tre, molto diverse da quelle mediatiche, molto più umane, spero, pur nei loro abissi. Ho cercato di entrare nelle loro stanze e nelle loro tre teste, facendogli commettere atti che tre anziane stereotipate non dovrebbero mai commettere: il noir, quindi, poteva essere la strada ideale, anche perché – attraverso queste tre parche – ho cercato di raccontare gli abissi di molte delle nostre famiglie: le incomunicabilità tra genitori e figli (e viceversa), il dolore delle mancanze, la forza per reclamare i propri diritti.

La Guerrera è il tuo personaggio più apprezzato. Una donna forte, senza paura. Una figura dalla quale si viene rapiti. In questo periodo storico in cui troppo spesso si legge di donne “vittime”, ritieni manchino figure che possano essere esempio per le giovani donne in cerca di modelli positivi da seguire?

Grazie per le tue parole sulla Guerrera. Non penso che manchino i modelli positivi: ci sono eccome. Il problema è che l’attenzione è puntata piuttosto su modelli più immediati, spettacolari ed effimeri, che ricevono molto più spazio, purtroppo, sul piano mediatico. Delle volte essere vittima (non necessariamente “vittima” del crimine, ma anche, per esteso, vittima dei nostri tempi, dei nostri stereotipi, etc) è molto più semplice che scegliere una via alternativa. Alcune preferiscono soccombere o accettare le cose come stanno, piuttosto che ribellarsi. E per “ribellarsi” non intendo portare avanti una rivoluzione planetaria: basterebbe accontentare le propria, di rivoluzione. Ascoltarsi, accettarsi, essere clementi anche con se stessi, oltre che con gli altri. E comunque esistono un sacco di donne in gamba, donne guerriere, appunto – e per donna “guerriera” non intendo “aggressiva”, ma in grado di far fronte alle avversità della vita e di rialzarsi, quando cade.

“Le sultane” è stato inserito nella cinquina dei finalisti del Premio Scerbanenco, ti chiedo cosa si prova a vivere un’emozione come questa?

Sono stata molto felice essere stata selezionata per la finale dello Scerbanenco. Immaginavo che non avrei vinto, ma sono andata là decisa a godermi quei giorni tra scrittori, incontri, dibattiti e cinema. È stata un’esperienza indimenticabile, lo Scerbanenco riserva sempre sorprese. Una di quest’edizione è stato lo strepitoso Dario Argento. E di Jeffery Deaver, ne vogliamo parlare?

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