Paolo Panzacchi
L'ultima stazione del mio treno

Il divoratore

24/01/15 I passeggeri del mese # , , , , ,

I passeggeri del mese: Lorenza Ghinelli

I passeggeri del mese: Lorenza Ghinelli

Oggi parliamo con grande piacere con Lorenza Ghinelli scrittrice romagnola, cesenate di nascita ora vive a Rimini. Il suo romanzo “Il divoratore” edito Newton Compton è stato un vero e proprio caso letterario. “La colpa” pubblicato nel 2012 l’ha portata a essere finalista al “Premio Strega”. La sua ultima fatica è “Con i tuoi occhi” edito sempre Newton. Non solo libri, scrive anche sceneggiature. E’ docente alla Scuola Holden e editor e tutor per Westegg, inoltre fa parte della redazione di Carmilla. Tutto questo fa di lei una delle scrittrici di maggior talento della sua generazione.

Chi è Lorenza Ghinelli?

Una persona. Piena di paure e di curiosità, il che spiega la mia perenne ambivalenza. So anche di essere fortunata, perché ho trovato uno strumento potente come la scrittura che mi permette di elaborare la mia visione del mondo. Senza mi sentirei perduta, perennemente esposta ai venti costanti. E non credo che resisterei a lungo. So anche di avere scelto di vivere una vita che sento mia, questo ha comportato molte rinunce, soprattutto sul piano professionale. Ho detto molti no, non c’è un giorno in cui mi sia pentita. Questo non mi impedisce di avere paura di tutto, è che non riesco a vivere sotto una campana di vetro. Non c’entra il coraggio, non mi sento affatto coraggiosa, forse c’entra addirittura un pessimismo cosmico o un realismo spietato: anche la campana di vetro in questa vita verrà disintegrata. Quindi vale la pena osare, nonostante tutto. Per il resto, non mi interrogo mai su chi io sia o cosa stia diventando. Preferisco chiedermi ogni giorno cosa sento il bisogno di fare, e cercare di farlo.

In “Con i tuoi occhi” hai affrontato temi molto forti, sentimenti, vite complesse, muovendoti con grande maestria in un susseguirsi di flashback, dipingendo tra l’altro bellissimi affreschi di Favignana e Rimini. E’ stato difficile raccontare storie così estreme e difficili come quelle di Irma e Carla? Com’è nata l’idea di questo romanzo?

La difficoltà, quando si vuole scrivere un libro autentico (a prescindere che il pubblico lo ami o lo detesti) consiste nel calarsi nel profondo di sé, nelle proprie segrete. Liberare i personaggi e lasciare che ti conducano in un viaggio non sempre piacevole. Ho scritto un libro sincero, di questo sono sicura. Volevo raccontare la difficoltà estrema di riappropriarsi di se stessi, dopo anni trascorsi a perdersi e a buttarsi via. Irma e Carla sono personaggi agli antipodi. Irma è nata a Rimini, in una famiglia anaffettiva e come unico punto di riferimento ha avuto, fin da bambina, una ragazzina spregiudicata che vende il suo corpo. Irma non conosce alternative, si adatta allo squallore e intraprende una discesa agli inferi perdendo ogni capacità di instaurare con gli altri un legame autentico. Almeno fino all’arrivo di Carla e di Salvatore. Carla è nata a Favignana, da una famiglia di pescatori che dopo il fallimento dell’industria Florio è costretta, assieme ad altre ottomila famiglie, a emigrare andando a ingrassare le industrie del Nord. La sua famiglia si trasferirà a Bologna, al Pilastro, un quartiere dormitorio che sorse negli anni ’70. Carla, nonostante lo sradicamento e le difficoltà, ha radici forti, e uno sguardo particolarissimo sul mondo: è acromate dalla nascita, non vede i colori. E ama la vita molto più di quanto sia disposta ad ammettere. Salvatore è cresciuto nella famiglia di Carla, sono stati amici, fratelli e amanti. Poi quando Carla scopre di essere omosessuale il loro legame muterà ancora non diventando certo meno forte. Il loro è un legame flessibile, e Carla e Salvatore sono quelli che definirei “eroi moderni”. Cambieranno la vita di Irma per sempre. è una storia che abitava in me da tempo, potevo solo scriverla o amputarmi un pezzo di cuore. La prima scelta mi è sembrata la migliore.

Sul tuo sito dici che non dimentichi che tutto è iniziato da un mini recorder rosa shocking. Com’è andata dopo quel mini recoder? La Scuola Holden, il tuo romanzo “Il divoratore” divenuto un vero e proprio caso letterario. Cosa ricordi con più affetto del percorso che ti ha portata a essere l’autrice che sei oggi? Quali sono stati i momenti più difficili?

I momenti più difficili sono stati senz’altro quelli in cui non avevo ancora scoperto il potere sovversivo della parola. Furono anni di implosioni. Imparare a comunicare mi ha liberata, dare voce ai miei demoni è stata una vera e propria esperienza di non violenza e rispetto. Sulla carta ogni personaggio ha diritto di esistere, con le sue contraddizioni e le sue zone d’ombra. Anche il successo che mi ha accolta è stato difficile, ma in modo completamente diverso. È stato una fortuna, sarei ipocrita a sostenere il contrario. Quello che voglio dire è che l’attenzione mediatica mi ha colto in un momento delicatissimo della mia vita, di grandi turbolenze e instabilità. Mi ha spaventata, non ero in grado di gestirlo. Oggi sono una persona serena, lo devo a me stessa, senz’altro, ma anche ai miei affetti. Sono loro le mie radici più grandi. Scrivere è sempre stata una necessità, ed è per me l’unica disciplina possibile. Il fatto che riesca a vivere di questo è una fortuna. Sono una persona ostinata, non saprei dire con esattezza come ho costruito il percorso che oggi mi porta a essere quella che sono. So di essere stata me stessa sempre, di averci creduto anche quando non ci credeva nessuno e di avere reagito ai no della vita con grande energia. Ma non credo che basti a spiegare nulla. Posso dirti che sono sempre stata impegnata a fare cose, e non mi sono curata di altro. I treni passano, quando mi incuriosiscono ci salto sopra. Diversamente cerco di non perdere tempo a chiedermi come sarebbe stato compiere quel viaggio. Una cosa che mi rende orgogliosa è la consapevolezza di essere veramente partita dal nulla. I miei manoscritti vennero respinti tante volte prima di trovare la loro strada. Se mi fossi arresa non so cosa sarei oggi. Ho cercato di migliorarmi, sempre. Ed è quello che sto ancora cercando di fare, ogni giorno.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Vivere e scrivere. Direi che non potrei desiderare di più.

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Fazzoletto da tasca colorato, occhiali sulla punta del naso per darmi un tono, centomila idee nelle tasche e bollicine nel bicchiere. Questo sono io.
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