Paolo Panzacchi
L'ultima stazione del mio treno

L’amore ai tempi del telefono fisso

13/02/15 I passeggeri del mese # , , , , ,

I passeggeri del mese : Gianluca Morozzi

I passeggeri del mese : Gianluca Morozzi

Oggi parliamo con grande piacere con Gianluca Morozzi, scrittore bolognese che ci ha appena regalato la raccolta di racconti “L’amore ai tempi del telefono fisso” edita Fernandel. Gianluca è anche un musicista, chitarrista degli Street Legal, un grande appassionato di fumetti Marvel, un tifoso rossoblu e conduce con Moreno Spirogi  su Radiocittà Fujiko il programma “L’era del Moroz”.

Chi è Gianluca Morozzi?

Uno che ha avuto la sfortuna di pubblicare il primo romanzo il 12 settembre 2001, ottenendo così ben poca attenzione mediatica, ma anche la fortuna di agganciarsi all’ultima coda di attenzione nei confronti degli scrittori esordienti usciti per case editrici piccole ma rinomate.
Oppure: uno che ha imparato a scrivere copiando sia Stephen King che i racconti di Fantozzi. Il che, pur apparendo una cosa un po’ schizofrenica, gli ha insegnato a padroneggiare in egual modo lo stile drammatico e quello comico.
Oppure: uno che, dopo 15 anni a navigare nel bizzarro mondo dei libri, in Italia, ancora si diverte molto ed è felice di farne parte.
Ma anche: uno che di solito non parla di sé in terza persona.

Da poco è uscita per Fernandel la raccolta di racconti “L’amore ai tempi del telefono fisso”. Si passa dalla telefonata al telefono fisso della Patti, alle disperazioni degli amanti in formato avatar. Il tema dell’amore, dei primi approcci è sempre stato qualcosa di delicatissimo nelle nostre adolescenze e non solo. Secondo te è cambiato qualcosa dai tempi telefono vintage che troneggia in copertina a oggi nell’amore? Negli approcci, nella gestione dei rapporti?

Beh, io ero molto timido nel 1987, balbettavo, mi si seccavano le fauci, mentre componevo il numero con la cornetta in mano, senza sapere chi avrebbe mai risposto dall’altra parte (nonno? Madre? Sorella? Padre? Lei?)
Sognavo una straordinaria invenzione: un telefono personalizzato, o addirittura un compositore di messaggi. Poi tutto questo è successo, e le cose si sono complicate in altro modo. Avendo attraversato tutta la gamma delle situazioni, dal telefono fisso in corridoio ai drammi da doppia spunta blu di whatsapp, posso rispondere col finale di Io e Annie: “abbiamo tutti bisogno di uova”. Se non sapete cosa vuol dire questa storia delle uova, andate a cercarlo su youtube.

Leggendo “L’età dell’oro – La mia vita raccontata a Paz”, Italica Edizioni, si approfondiscono i tuoi esordi letterari, le prime esperienze con i concorsi letterari e le presentazioni dei tuoi romanzi anche negli angoli più remoti della provincia. Come mai hai voluto raccontare proprio al fantasma di Pazienza questi episodi? A quale tra i vari aneddoti che racconti nel romanzo sei maggiormente legato? Quale messaggio vuoi lasciare agli aspiranti scrittori?

Per raccontare della propria carriera letteraria senza apparire vanagloriosi, gongolanti e vanitosi bisognava trovare una voce. Una voce che parlasse un po’ in ginocchio, per così dire. E così ho scelto di raccontarla davanti a uno dei miei miti, praticamente con la testa sotto i suoi piedi come Benigni e Troisi con Savonarola.
Tra gli aneddoti che sono nel libro, mi piace particolarmente il lungo capitolo dedicato alla presentazioni più assurde che ho fatto. Sono fiero di essere sopravvissuto all’esperienza di aver parlato dei miei libri in una discoteca, in una libreria assediata dai pipistrelli, in un bar di camionisti, davanti a due addii al nubilato, in un cinema nell’intervallo di un film, e di non essere ancora completamente impazzito.
Il messaggio che voglio lasciare invece sta nel capitolo sugli 80 concorsi letterari persi prima di pubblicare il primo romanzo: non demordete, ragazzi, è tutto materiale da romanzo.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

A fine agosto uscirà per Guanda “Specchi neri”, un mio omaggio a un sottogenere che amo molto come L’enigma della camera chiusa. Intanto sto scrivendo il romanzo del 2016, e poi… altre cose potrebbero concretizzarsi, prima o poi.

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Fazzoletto da tasca colorato, occhiali sulla punta del naso per darmi un tono, centomila idee nelle tasche e bollicine nel bicchiere. Questo sono io.
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