Paolo Panzacchi
L'ultima stazione del mio treno

December 4, 2024 at 11:54 am

I passeggeri del mese: Camilla Ghedini

I passeggeri del mese: Camilla Ghedini

Oggi parliamo con grande piacere con Camilla Ghedini. Scrittrice e giornalista ferrarese. Nel 2014 ci ha regalato il romanzo, scritto a quattro mani con Brunella Benea, AMO TE…Starò con lei per sempre, edito Giraldi. Le avventure di Florinda e Anita sono riuscite a catturare i lettori con la loro freschezza, pur affrontando il tema spinoso dell’infedeltà coniugale, il tutto condito dalla presenza di un Grillo Parlante, che altri non è che la coscienza interiore, al quale sono le amiche a prestare la voce nel tentativo di fare capire che, frasi come queste,  “Me lo ha assicurato, appena il momento sarà opportuno lascerà la moglie. Ha capito che la vera vita è con me, che sono il suo mondo.”, “Questa storia non sarà diversa. Non è vero che non può vivere senza di te, semplicemente tu gli rendi meno noiosa la routine.”, non sono altro che stupide scuse di un uomo che non se le merita.

Chi è Camilla Ghedini?

Camilla Ghedini è una giornalista che ogni tanto si presta alla scrittura. E’ una donna di 42 anni che ama la libertà, soprattutto quella di dire ‘no’, e che conduce una vita tanto ordinaria quanto piena. Ama le parole, pronunciate e scritte, e si trova a suo agio alla tastiera del pc come il nuotatore nell’acqua. Esercita come libera professionista (www.ufficiostampacomunicazione.com) e ha avuto la tenacia di trasformare una passione in professione. Con quel pizzico di casualità, che è anche fortuna, che le ha permesso di scoprire che raccontare la vita degli altri le piaceva. Fa la giornalista, scrive libri e presenta libri d’altri. Il suo sogno, da ‘vecchia’, è fare la biografa.

Parliamo del romanzo che hai scritto a quattro mani con Brunella Benea, AMO TE…starò con lei per sempre. Un romanzo agrodolce sul mondo delle “altre”. Florinda ci confida i dolori del proprio rapporto con “il Borgh”. Qual è quindi il ruolo dell’amante? Come vedi questa figura? Quale immagine avete inteso offrire con il romanzo?

Il ruolo dell’amante è certamente scomodo, più per se stessa che per la coppia che in teoria ‘lede’. Di sicuro è una figura che esiste e resiste nei secoli. E non scomparirà, anche perché spesso fa bene alla coppia, deficitaria di ossigeno amoroso e di cui funge dunque da polmone artificiale. Noi abbiamo voluto sdoganarla dall’idea comune, troppo semplicistica e ‘borghese’, che sia una scostumata sfascia famiglia che desidera l’uomo d’altre. E’ semplicemente una ‘sfigata’ che si innamora dell’uomo sbagliato, che si imbatte in una storia ‘sbagliata’ pensando che per lei il finale sarà diverso. Una che crede alle parole di un lui – spesso un Borgh, inteso come uomo borghese appunto che tradisce bellamente la moglie ma mantiene ‘intatta’ la famiglia per sentimento sociale – che le fa credere di essere in crisi con la coniuge, da cui non si sente apprezzato. Quindi non è che sta poveraccia di ‘terza’ fa tutto da sola, che va in giro in giarrettiera e brasiliana cercando di farlo cedere alla lussuria ad ogni ora del giorno, in una sfrenata competizione con una moglie trascurata. No, l’altra è una assolutamente normale, che va in giro in jeans e Converse e spera di costruirsi un futuro con l’uomo che ama. E non a dispetto di un nucleo che vuole distruggere. Ma sulla base della convinzione, indotta, che nulla più sia da salvare in quel rapporto, tranne i figli, i genitori, gli immobili in comune….perchè poi i problemi che rendono ‘impossibile’ – a dire di lui – il proseguo, affiorano come margherite a primavera! Per questo dico che chi fa l’amante perché ama è una sfigata! Ma è anche una che poi, col tempo, vede la realtà e da questa situazione si affranca, come le protagoniste del libro. Così il marito rimane con la moglie da cui mai ha voluto separarsi, la moglie si tiene il marito che mai avrebbe sbattuto fuori di casa e l’amante, se è fortunata, trova finalmente un compagno che non si ‘divide’. Detto questo, ci sono anche amanti felici di esserlo, cui il ruolo non pesa, perché magari sono mature, alle spalle hanno molte delusioni e si accontentano di un uomo a metà. Quindi poi regole non ce ne sono.

In questo periodo stai presentando anche un altro tuo libro, “Città del ragazzo. Voci e sguardi in cammino”. Non solo Anita e Florinda, quindi, anche impegno e un legame profondo con il territorio ferrarese.

Sì certo. Credo nel potere della comunicazione come capacità di divulgare messaggi che altrimenti si perderebbero. In questo caso, con storie di chi ha vissuto la Città del Ragazzo dagli anni ’50 del secolo scorso – quando è nata per accogliere ragazzini in condizioni di disagio – ad oggi. Nel testo si narra la gratitudine, un valore che purtroppo si è perso. Sono tutte testimonianze di persone, giovani e meno giovani, che verso la Città del Ragazzo hanno riconoscenza e cercano di ricambiarla. In una società di forti individualismi, di logiche sbagliate, a cominciare dalla finta soddisfazione dell’aver fatto tutto da soli, il piacere di ringraziare si è perso. E invece è bello, perché se qualcuno ti aiuta a realizzarti, significa che crede in te. Non so se io ho un forte legame col territorio, per molti aspetti mi sento più bolognese che ferrarese, questa è una città chiusa che neppure si accorge spesso di chi ci vive e di quanto, chi ci vive, porta ‘fuori’ il nome di Ferrara. La trovo spesso spocchiosa e auto referenziale. Diciamo che io ho qui radici nodose che non si staccano dal terreno.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro.

Il futuro per me è sempre e solo la settimana prossima. I progetti nascono per caso, vivendo e ascoltando. Sto comunque lavorando a qualcosa di nuovo di cui potrò dire di più a primavera. Nel mentre, do valore a ogni cosa che faccio ogni giorno, a ogni libro d’altri che presento. Ho una vita scandita anche dai progetti di altri e questo è bellissimo. Perché partecipo a grandi emozioni e a momenti importanti delle esistenze altrui.

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