Paolo Panzacchi
L'ultima stazione del mio treno

L’ultima stazione del mio treno

23/09/11 L'ultima stazione del mio treno

Errore

Errore
“Per ogni volta che sbagli hai un giorno in più da vivere.”, un giorno un amico mi disse questa frase.

Io gli ho bevuto in faccia un bicchiere di vino, ho acceso una sigaretta e ho detto: “C’è troppa gente che crede di morir giovane.”.

Lui ha sorriso.

Mi spiegò poi che il segreto per allungarsi la vita non era il mero compimento dell’errore, era la comprensione dello stesso e il chiedere scusa. La vita eterna in tre abili mosse.

Poi, ho sorriso io.

Forse dovrei prendere un megafono. Il mondo è grande e la mia frase così debole.

“Mi dispiace, chiedo scusa.”.
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19/09/11 L'ultima stazione del mio treno

Tempo perso

Tempo perso

La ricerca del tempo perduto è come provare a trattenere la pioggia di un temporale di fine estate: ti scivola fra le mani, scivolosa e fredda. Il concetto del tempo è senza dubbio l’aspetto più fastidioso della vita: è oggettivo, secondi minuti, quelle cazzate là, ma sa anche essere un aspetto legato alla percezione, al “come te lo vivi”.

Saper interpretare il proprio tempo è come avere a disposizione una canzone, una piece teatrale ed ogni altra cosa, davvero qualunque, vi venga in mente che abbia una durata predefinita, il più è nell’interpretazione, nel sentimento che ci si mette.

Tutto sta nel talento che hai a vivere il tuo tempo. Siamo fantastici interpreti di istanti prestampati.

Attori, equilibristi, musicisti. Gente alla ricerca del talento, che spesso, non c’è.
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14/09/11 L'ultima stazione del mio treno

Vite ferite

Vite ferite

L’emozione non sanguina, i ricordi non piangono, gli insulti non ricordano, gli schiaffi non parlano, gli abusi non scrivono. 

L’intelligenza sta nel capire che non si tratta di concetti.

Carne. Ossa. Parole. Muscoli. 

Le vite urlano se c’è da urlare, parlano se c’è da parlare e camminano quando vogliono ritrovare il corpo che le muove.
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09/09/11 L'ultima stazione del mio treno

Treni in sosta

Treni in sosta

Salire sul treno è stato facile. Trovare il proprio posto, con ordine. Sedersi, guardare fuori dal finestrino, osservando con curiosità il paesaggio che accompagna il viaggio che abbiamo deciso di fare. Non è mai facile calarsi nelle realtà, nemmeno in quelle che sanno di sogno, di desiderio di cercare novità. Spesso non è facile adattarsi nemmeno ai cambiamenti che noi stessi abbiamo voluto. 
Durante ogni viaggio, in Italia almeno è così, all’estero non mi è mai capitato, il treno che ti porta alla destinazione nel suo percorso può avere degli stop improvvisi, fare delle soste non programmate fra una stazione e l’altra.
Mi è sempre capitato, durante queste soste, di intensificare i miei pensieri, quasi come se fosse un’occasione per capire al meglio verso quale tappa mi stessi dirigendo. E’ la stessa sensazione che un abile fotografo prova l’esatto istante prima di scattare una fotografia, quando sistema con estrema cura la messa a fuoco. E’ quello il segreto dell’istantanea. E’ quello il momento in cui raccogli il frutto della tua idea.
Quando il tuo treno fa una sosta metti a fuoco la tua vita.
Quando la tua vita è messa a fuoco sai esattamente dove il tuo treno ti porterà.
Quando vivi a caso sei il protagonista di uno scatto mosso, senza anima e segreto.

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07/09/11 L'ultima stazione del mio treno

Fuori luogo

Fuori luogo
Il bel pensiero delle cose che cambiano.

Il bel pensiero delle persone che ascoltano.

Il bel pensiero di essere compresi senza dover sempre scendere a compromessi con la banalità.

Il bel pensiero di sorridere senza mostrare trentadue denti.

Il bel pensiero dei ricordi ordinati, sempre freschi, sempre pronti a tornare dopo ogni sospiro.

Il bel pensiero delle carezze di una madre quando si è adulti.

I bei pensieri dovrebbero esistere tutti i giorni, non solo per consolarci e raccontarci che tutto va bene, ma anche per farci capire che la vita è piena di possibilità.

I bei pensieri, spesso, sono come delle belle foto in bianco e nero della periferia della mia città, negli anni trenta, così, fotografata solo per il gusto di far vedere strade nel nulla, che non portavano a nulla se non alla bella immaginazione di un futuro lontano.

Le foto anni trenta di una periferie, i bei pensieri, null’altro che istantanee fuori luogo.
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05/09/11 L'ultima stazione del mio treno

Undici

Undici


Ne parlo prima di altri, non perchè abbia cose migliori da dire, ma perchè ne ho molte, sono dieci anni che non ne parlo. Non sono un Guru. Non sono un genio. Sento solo il bisogno di dire perchè in dieci anni il mondo è cambiato.

Avevo sedici anni, stavo giocando a calcio al campo dell’oratorio e avevo appena sbagliato l’ennesimo rigore della mia non invidiabile carriera di bomber parrocchiale. Un amico entrò trafelato urlando che un missile aveva colpito una delle due torri. Tutti, da buoni bolognesi, pensammo ad un attacco alla nostra città. Motorini, biciclette, gambe svelte da adolescenti: ognuno raggiunse casa come poteva.

Il tempo, in quegli istanti, era dilatato, minuti come ore. Poi gli occhi nello schermo. La storia in diretta. Il secondo aereo.

La “mela” ferita per sempre e noi con lei.

Quel pomeriggio, l’unica volta in tutta la vita in cui davvero non ho saputo dire nulla, neanche una parola, scoprendomi a piangere, impotente, ad ogni fotogramma, ad ogni agenzia di stampa che andava a delineare lo squarcio nel petto dell’Occidente, tronfio e sazio, imperialista e violento, per chi ha colpito. Occidente, miope, poco lungimirante, disattento ed eccessivamente violento, per noi, che l’Occidente lo abitiamo con spirito critico.

Poi altri due colpi, altri due squarci in una tela vergine.

L’indignazione. Lo sgomento. Il cordoglio. Decine di cowboy col fucile in mano. Decine di colombe macchiate di sangue senza voglia di volare.

In dieci anni il mondo è cambiato. 

Non sa più piangere. Urla. Non sa dare un futuro ai suoi figli. Il vero mostro non aveva la barba. Il vero mostro è nato quel giorno. La paura.

E, oggi, sta vincendo lei.
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01/09/11 L'ultima stazione del mio treno

Bologna

Bologna

Mi guardo intorno, c’è una lieve nebbia, sono appena sceso dal treno, trascino stancamente la mia valigia, sono al binario 3, fra breve sarò nel piazzale antistante la stazione. Il freddo pungente entra nel mio cappotto, mi prende le ossa: ho un brivido. Davanti a me c’è un ragazzetto che elemosina qualche spicciolo, lo scaccio con uno sguardo duro, mi muovo verso il taxi, non ho voglia di usare i mezzi pubblici. Salgo, “Buonasera, dove la porto?”, il proprietario del taxi è stanco, sono le undici di sera, “Guardi mi porti in Via YYYYYYYYY, al numero 38, una cosa, so che non si può, se vuole le pago un supplemento, mi fa fumare una sigaretta?”, si volta stranito, sorride, “Certo, è l’ultima corsa della sera, a patto che me ne offra una”, ricambio il sorriso offrendogliene una. L’auto si muove, fumo in silenzio, lui credo terrà la sigaretta per il suo ritorno a casa. Passiamo sui viali dove qualche povera ragazza è costretta a vendersi, scuoto la testa, cosa sta diventando questa città, questa società, è questo il mondo che sognavo da bambino? E’ questa la speranza che covavo nel mio cuore? No! Tutto sarebbe diverso se ci fosse più coraggio? Forse! Un giorno andrò via da questa città? Non so rispondere. L’ho sempre amata molto, i suoi portici discreti e affettuosi, le sue dolci colline testimoni di tanti miei sogni, di qualche scappatella e delle prime emozioni coi vetri appannati. Ricordo gli anni della scuola, le prime bevute con gli amici, la prima sbronza, al mitico Bobby’s in Via Murri, credevo di avere le ali, ed era bastata una birra media, ottobre 1998: bei ricordi. Mi piace ricordare, mi fa sorridere, mi fa sospirare. Arriviamo sotto casa mia, pago il mio silente conduttore, “Tenga il testo, si goda la sigaretta!”. Non voglio subito rientrare nel mio appartamento, appoggio il trolley al muro e mi siedo su un muretto, accendo un’altra sigaretta, un giorno smetterò, presto, tardi, non lo so. Il fumo si alza lentamente verso il cielo, guardo il mio cellulare, c’è un messaggio: “CREDITO ESAURITO:”, sogghigno, non ci sono luoghi o persone o cose che ti fanno credito in eterno, devi riconquistare i centimetri della tua storia e della tua libertà. Mi alzo in piedi, guardo la strada: sporca, in lontananza scorgo alcune persone che schiamazzano: chi si picchia, chi vomita chi..non lo capisco, sono troppo lontano. Schiaccio la sigaretta sull’asfalto, con disprezzo, io e questa città non ci rispettiamo più, ma forse non è colpa sua, o mia, mi abbasso a pulire la sporcizia che ho fatto, accarezzo il marciapiede, con affetto, come se la mia città fosse l’amante che attendo, che desidero. Un giorno splenderai ancora, come quando i miei occhi ti hanno vista la prima volta, un autunno colorato di tanti anni fa.

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30/08/11 L'ultima stazione del mio treno

Human monkeys are going crazy

Human monkeys are going crazy

Ci sono persone che anche se il loro mondo è cambiato, in meglio, devono comunque ridiscutersi, sì perchè il mondo sarà anche cambiato, ma loro, alla notte, non riescono ancora a dormire e quando non dormi è perchè la scimmia che hai dentro, quella fottuta scimmia, la tua inquietudine, è li che urla e strepita come un tossico in crisi di astinenza. L’astinenza non è dovuta a carenza di droga, ma di soluzioni.
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28/08/11 L'ultima stazione del mio treno

Cronaca del confine fra le 23.59 e le 00.00

Cronaca del confine fra le 23.59 e le 00.00
Le linee di confine sono il fascino fra quello che si conosce e, spesso, si disprezza e quello che non si conosce e, spesso, si idealizza.

La linea di confine fra due giorni è l’attimo in cui ti chiedi se puoi essere orgoglioso fra quello che è finito e se potrai, domani, abbracciare con felicità le idee del sole che sorge.

Ogni giorno avviene un cambio di consegne fra un te stesso già vecchio, con l’esperienza di ventiquattro ore e un te stesso che piange e si dimena, un infante pronto a una nuova vita, come quegli insetti effimeri, che, nella loro vita di un giorno, condensano tutta l’esperienza e le emozioni.

L’abbraccio fra l’oggi e il domani, fra un sogno e un altro, fra quello che volevi e quello che vorrai.

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24/08/11 L'ultima stazione del mio treno

Emicrania

Emicrania
Per te che hai mal di testa, che ti giri nel letto soffrendo il caldo d’estate, non riuscendo a dormire per il rumore, per il fastidio, per il pensiero sbagliato al momento sbagliato nel modo sbagliato.

Per te che ti difendi dal fastidio che gli altri hanno per te, per il modo che hai di dire le cose, di fare le cose, di intendere le cose, di creare le cose.

Per te, figlio del tuo mal di testa, mal di denti, di muscoli, mi ossa, di reni, di fegato, di vivere.

Per te che sorridi con la bocca storta, nascosta dalla barba, figlio della tua emicrania e di tutte le altre cose.

L’amore non fa rumore.

Ti sta davanti e ti sorride. 
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Fazzoletto da tasca colorato, occhiali sulla punta del naso per darmi un tono, centomila idee nelle tasche e bollicine nel bicchiere. Questo sono io.
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